General Management ICT Management

Si scrive Chief Digital Officer si legge ‘Transformer in Chief’

di Claudio Zuccolotto*

Le aziende vincenti nell’era digitale non si limitano semplicemente ad applicare nuove tecnologie: sono consapevoli che il loro successo dipende principalmente dalla qualità delle loro persone. È con persone di qualità che si comprendono prima e meglio le nuove esigenze e i nuovi comportamenti dei consumatori e solo grazie alle persone sarà possibile far evolvere la propria cultura aziendale, il vero unico grande fattore decisivo per il successo.

Deloitte Digital, 2015

Deloitte Digital, 2015

Non si tratta dell’ennesima analisi di scenario sul digitale: il comportamento dei consumatori è cambiato e in questo, i paesi anglosassoni son più avanti di noi e continuano ad accelerare. Un motivo in più per osservare comprendere ed imparare da chi è “leader nell’evoluzione della specie”. La figura del CDO e/o Digital Manager si sta progressivamente imponendo in tutte le organizzazioni con l’obiettivo di gestire questa trasformazione. Il numero dei CDO che si attestava intorno a 1.000 nel 2014, raddoppierebbe ogni anno, secondo i dati CDO Club, che prevede un ulteriore raddoppio per superare la quota 2.000 a cavallo fra 2015 e 2016.
Ma chi è veramente questo signore? Cosa fa, come opera in un’organizzazione tradizionale? Qual è il suo background? Come individuarlo, selezionarlo e soprattutto come metterlo nelle condizioni migliori per creare valore?
Questi sono gli interrogativi da porsi per gestire e non subire la trasformazione che abbiamo di fronte.

Perché introdurre un CDO nell’organizzazione?
Le società che già sono leader nel loro settore hanno bisogno di un CDO? Sì, ma probabilmente ci hanno già pensato. I leader si distinguono immediatamente, già dal linguaggio che usano e dai temi che focalizzano. Il comportamento e le aspettative dei clienti sono cambiati e sono proprio queste società che intercettano per prime i trend in atto e ne fanno la loro principale spinta alla trasformazione digitale. Non si limitano alla costante osservazione dei trend tecnologici di mercato, ma si sforzano di comprendere in anticipo il cambiamento della pressione competitiva nel loro mercato.
Sono ben consapevoli che le minacce non vengono più soltanto dai competitors diretti, ma le nuove tecnologie e nuove possibilità abilitano nuovi comportamenti dei clienti e di conseguenza creano nuove opportunità che, se non gestite, si trasformano in minacce.
Basti ricordare ad esempio come già oggi oltre il 50% delle prenotazioni alberghiere avviene tramite OTA (Online Travel Agency) e all’interno di questo segmento i mobile device guadagnano velocemente quota. Ben il 18% delle prenotazioni viene fatto in movimento.
Nel settore del lusso l’identità digitale e la multicanalità guidano la crescita negli store fisici. Si stima che i ricavi influenzati dal digitale (e-commerce + digitally driven) mentre oggi sono a circa il 37% arriveranno al 51% già entro il 2020. Il numero di clienti registrati e digitalmente contattabili oltre ad essere in continuo aumento, ha un profilo alto spendente sia in negozio che cross canale. I clienti degli store cosiddetti “anonimi” nel 2020 diventeranno una quota marginale (14%).
Un altro esempio è rappresentato dai sistemi di pagamento; quelli tradizionali come le carte di credito vengono insidiati dai pagamenti via APP, quindi non da un concorrente tradizionale.
È molto semplice capire chi non ce la farà. Quando un’azienda focalizza la sua attenzione sulla pressione dei costi, sulle difficoltà della compliance regolatoria tradisce un atteggiamento “inward-facing” autoposizionandosi nella categoria dei late-followers. Dal 2000, 52% delle società del Fortune 500 sono fallite, sono state acquisite o hanno cessato di esistere in gran parte a causa dello stravolgimento di business tradizionali da parte di modelli digitali … Leggi l’articolo completo >>>

*Consulente aziendale, Testimone CEO meeting International MBA