ImpresealCUOA n.47 - Special Issue dell'8 ottobre 2018 La community MBA Imprenditori CUOA

Quale flessibilità in uscita dopo il Decreto Dignità?

ImpresealCUOA, 8 ottobre 2018

 di Simone Baghin*

Il Decreto Dignità convertito in legge il 12 agosto 2018 cambia la disciplina risarcitoria in caso di licenziamento illegittimo, ma meno di due mesi dopo la Corte Costituzionale mette in discussione il sistema di calcolo delle indennità. Simone Baghin, consulente del lavoro, presidente ANCL Vicenza (Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro), membro del Centro Studi Nazionale ANCL e Faculty Member MBA Imprenditori CUOA Business School, analizza questi aspetti.


In modo a volte semplicistico, si sintetizzano le novità del Decreto Dignità convertito in legge il 12 agosto 2018 con riferimento al solo contratto a termine.
In realtà, esso impatta anche su un altro pilastro del Jobs Act, che è la disciplina risarcitoria prevista dalle tutele crescenti per i nuovi assunti post 7 marzo 2015, perché prevede un incremento del numero di mensilità di risarcimento spettanti ai lavoratori in caso di licenziamento privo di giusta causa, giustificato motivo oggettivo e soggettivo dei lavoratori in tutela crescente ovvero nel caso di assunti o trasformati da tempo determinato e apprendistato in tempo indeterminato post 7 marzo 2015.
Questa modifica, in realtà, non è stata valutata soddisfacente dalla Corte Costituzionale, che il 26 settembre 2018 ha dichiarato illegittima la modalità di calcolo dell’indennizzo esclusivamente sulla base dell’anzianità aziendale del lavoratore.
A fronte di questa decisione, quali sono gli scenari ed i possibili costi per le aziende collegati alla risoluzione del rapporto di lavoro?
Nelle aziende con più di 15 dipendenti, si passa da «minimo 4, massimo 24» a «minimo 6, massimo 36» mensilità pari all’ultima retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR.
Nelle aziende con meno di 15 dipendenti, invece, si passa da «minimo 2, massimo 6», a «minimo 3, massimo 6».
Il criterio di calcolo continua ad essere rappresentato dal numero di 2 mensilità di retribuzione per ciascun anno di servizio del lavoratore licenziato nelle grandi aziende e di 1 mensilità di retribuzione per anno di servizio nelle piccole aziende.

Quindi?
Ne deriva che nelle aziende con più di 15 dipendenti, la norma aumenta la tutela dei lavoratori soltanto nel caso in cui essi vengano licenziati entro 2 anni dall’assunzione o dopo 18 anni dalla stessa: nel primo caso, infatti, essi saranno risarciti con un importo pari a 6 mensilità (anziché alle 4 mensilità precedenti), i secondi riceveranno l’importo di 36 mensilità anziché di 24.

La decisione della Corte Costituzionale del 26 settembre 2018.
La rivisitazione del principio cardine delle tutele crescenti (indennizzo certo e determinato sull’anzianità di servizio) fatta dal Decreto Dignità convertito è stata messa in discussione dalla Corte Costituzionale che il 26 settembre 2018 ha dichiarato illegittimo l’articolo 3, comma 1, D. Lgs. 23/2015, sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte che determina in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato.
Secondo la Corte, prevedere un’indennità crescente quantificata esclusivamente sull’anzianità di servizio del lavoratore è contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Carta Costituzionale.
Dunque, in sostituzione della sola anzianità di servizio i giudici nel definire il quantum potranno (il condizionale è d’obbligo in attesa della pubblicazione della sentenza e dell’auspicato intervento correttivo del legislatore) applicare i consolidati principi previsti per l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ossia tenere conto dell’anzianità di servizio, del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni aziendali e del comportamento delle parti; giudici che avranno la discrezionalità di condannare il datore di lavoro a un risarcimento ricompreso tra una “forchetta” di 6 e 36 mensilità.

Quali conseguenze pratiche?

Si viene pertanto a creare una situazione in un certo senso paradossale: due lavoratori licenziati per lo stesso motivo in una azienda che occupa più di 15 lavoratori, di cui uno assunto prima del 7 marzo 2015 (tutela reale – art. 18) e uno dopo tale data (tutele crescenti). Entrambi i lavoratori impugnano il licenziamento e si rivolgono al giudice il quale dichiara che sono illegittimi. Il lavoratore più anziano, nella forchetta 12-24 mensilità, ha diritto ad una indennità minima più alta (12 mensilità) e una massima più bassa (24) del collega; il lavoratore più giovane come anzianità di servizio sta invece nella forchetta 6-36 mensilità e ha diritto ad una indennità minima più bassa ma potenzialmente più alta (36 mensilità).
In questo contesto, viene meno la certezza dei costi in capo alle aziende in caso di risoluzione del rapporto a tempo indeterminato e ci si allontana da possibili logiche transattive con l’alimentarsi di un contenzioso senza fine.

* Consulente del lavoro, docente CUOA Business School, Faculty MBA Imprenditori

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Photo credit: Andrea Ravanetti