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Fuori dal lockdown: la Cina, la globalizzazione e il convitato di pietra

Archiviata (si fa per dire) l’emergenza Covid-19, dal 4 maggio 2020 tutti gli sforzi sono finalizzati alla ripresa economica e alla ripartenza delle imprese. Dopo un paio di mesi di assordante silenzio, nel dibattito politico ed economico è tornato a far capolino un convitato di pietra. Di chi si tratta? Ce ne parla Paolo Gubitta, direttore scientifico di CEFab by CUOA.

Diciamocela tutta: fa un po’ specie il (lento ma deciso) viraggio del dibattito economico e politico a ridosso della fine del lockdown verso i temi della politica internazionale.

La geopolitica è il vero convitato di pietra che accompagnerà la lunga Fase2.

C’è già chi parla di nuova Guerra Fredda tra Stati Uniti e Cina, con in mezzo l’Unione Europea che rischia di essere il vaso di coccio tra vasi di ferro, con inevitabili ripercussioni sulle strategie delle imprese e sulla loro competitività. Per affrontare queste sfide servono più Europa e meno politiche nazionali. Non si tratta di un fatto nuovo ma di un’esigenza ricorrente, come aveva suggerito in tempi non sospetti Maurizio Molinari, nel suo intervento di apertura di Trend Topics 2019 al CUOA.

C’è chi ritorna sul tema delle architetture commerciali, ricordando che Stati Uniti e Cina si stanno affrontando non solo con la forza delle loro economie, ma anche attraverso due differenti strategie. 

Il soft power esercitato dalla Cina lungo le Vie della Seta che danno corpo alla Belt and Road Initiative (BRI) è solo una delle politiche strategiche cinesi: quella che organizza la presenza della Cina in una regione del mondo cruciale per la stabilità globale (India, Russia, Repubbliche euroasiatiche, Iran, Golfo arabico, Africa, Unione Europea) attraverso più di centoventi accordi bilaterali, che contraddicono di fatto quel multilateralismo (fair, safe and equal) che la Cina formalmente continua a sostenere di fronte al WTO e in ogni altro consesso internazionale. Al bilateralismo di fatto, cinese, si contrappone quello dichiarato, statunitense. L’America first di Trump si realizza anche, se non soprattutto, indebolendo ogni aggregazione regionale e firmando nuovi patti leonini bilaterali. L’Unione Europea si è fatta cogliere impreparata su entrambi i fronti.

Ci piaccia o no, la comunità imprenditoriale dovrà entrare in confidenza con queste tematiche.

Già sapevamo che il rischio non era né uniforme (nello spazio) né stabile (nel tempo) e che le imprese che operano sui mercati globali o che sono inserite in filiere globali erano obbligate ad adottare strategie differenti in diversi contesti e a cambiarle periodicamente per far fronte all’incertezza.

Oggi, la pandemia da Covid-19 ci ha (nostro malgrado) insegnato una nuova geografia dei rischi, che viaggiano sia attraverso le rotte commerciali sia lungo le relazioni affettive, familiari e sociali.
Oltre che di nuova Guerra Fredda e di architetture commerciali, nel dibattito geopolitico tornerà presto a fare capolino anche il tema delle migrazioni.
È solo questione di qualche settimana.

11 maggio 2020
Autore: Paolo Gubitta, CEFab CUOA Business School e Università di Padova


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