Blog General Management Giovani e Master post laurea Imprenditorialità e Governance Innovazione Marketing People Management e Leadership

ll marketing come leva per il reclutamento di collaboratori di valore

di Giuseppe Pasciuti

Sempre di più negli ultimi mesi sento molte aziende lamentarsi per la difficoltà che incontrano nel reclutare nuovo personale e trattenere collaboratori di valore. I Marketer sono in una posizione unica per assumere un ruolo di primo piano negli sforzi delle aziende per attrarre e trattenere sia i clienti che i migliori talenti.

Che cos’è l’Employer Branding?

L’employer branding è quell’area del marketing che ha come obiettivo quello di lavorare sulla reputazione di un’azienda come “datore di lavoro” tra chi cerca, i dipendenti e gli stakeholder. Prende in considerazione tutte le azioni da realizzare per posizionare l’organizzazione come “datore di lavoro preferito“. Si tratta di influenzare il percepito che le persone in cerca di lavoro e i dipendenti pensano realmente dell’azienda e di cui parlano ai loro amici e familiari quando il datore di lavoro non è presente. Oggi più di ieri, le persone possono andare online e scoprire rapidamente cosa una azienda può offrire loro in termini di posizioni aperte, ambito di attività e di come un marchio incoraggia i lavoratori a dare il meglio di sé.

La prossima frontiera del marketing

Data l’esperienza intrinseca dei marketer nella creazione di marchi, non c’è gruppo più adatto a contribuire in modo significativo agli sforzi di employer branding. L’evoluzione dal tradizionale branding orientato al cliente all’employer branding è naturale, per tre ragioni principali.

A. La giusta mentalità. Un marketer a tutto tondo ha una mentalità da ciclo di vita end-to-end, durante il quale si impegna con il suo pubblico: attirare e convertire un prospect; far crescere la relazione nel corso del suo ciclo di vita; guidare l’advocacy. I fondamenti sono simili: sostituendo “prospect” con “candidate” e “customer” con “employee”, si trasforma un approccio tradizionale di brand strategy in uno di employer branding.

B. Il giusto set di competenze. Le attività quotidiane di un buon employer branding sono strettamente collegate a quelle dei marketer. I marketer individuano un pubblico target, comprendono le sue motivazioni, trovano i canali mediatici e le esperienze giuste per catturare la sua attenzione, e poi offrono un messaggio convincente per attirarlo. Il processo di acquisizione dei collaboratori di valore rispecchia ciò che i marketer fanno ogni giorno, anche se per un pubblico diverso: i potenziali dipendenti. Gli stessi muscoli che rendono un marchio attraente per i consumatori, sono quelli che si rivolgono ai candidati, li messaggiano e li attraggono.

C. La giusta narrazione. Poiché i marketer possiedono la narrazione e l’esperienza del marchio, sono in una posizione unica per collegare i punti, assicurando che i marchi “interni” ed “esterni” di un’azienda siano in armonia. Dando forma narrativa sia all’esperienza dei dipendenti che a quella dei clienti, i marketer possono fornire l’allineamento cruciale che collega le persone ai clienti. La necessità di allineamento è il motivo per cui Ritz-Carlton esorta i suoi dipendenti ad essere “signore e signori che servono signore e signori”.

Le 3 buone pratiche che alimentano l’Employer Branding

  1. Elevare il marketing oltre il suo mandato tradizionale. Affinché il marketing dia forma all’Employer Branding, la disciplina deve trascendere il suo tradizionale obiettivo ai soli clienti e abbracciare un ruolo più ampio nell’azienda. Questo marketer delle risorse umane deve vedere il marchio come un filo conduttore che attraversa l’azienda, dalle esperienze dei candidati, dei dipendenti e dei clienti fino alla percezione del marchio. Al momento di decidere l’uso migliore del budget, ad esempio, deve considerare gli investimenti del marchio nell’acquisizione e nella fidelizzazione dei talenti tanto quanto la spesa per i programmi tradizionali di sensibilizzazione e pubblicità. Il mandato del “nuovo” responsabile marketing oltre alle responsabilità tradizionali del marketing, dovrà includere le funzioni di employer brand, talento e cultura, consentendole di armonizzare il marchio rivolto al cliente con l’esperienza dei dipendenti. Con questo mandato, il marketing avrà la possibilità di costruire un marchio forte e connesso, che funzioni bene sia all’interno che all’esterno dell’azienda.
  2. Coltivare la simbiosi marketing-HR. Quando Jim Beam, storica società americana del whisky, ha lanciato la sua iniziativa di employer branding (https://www.beamsuntory.com/en/culture), il progetto ha visto la partecipazione delle Risorse Umane e del Marketing fin dal primo giorno. Tutte le storie di successo nell’Employer Branding, come questa, hanno avuto un doppio protagonista. Il marketing ha apportato una prospettiva esterna e una serie di competenze distinte che mancano alle funzioni HR tradizionali. Il team HR ha apportato la propria conoscenza sui quali sono i fattori motivazionali dei collaboratori per realizzare la strategia front-end, e anche la capacità di implementarla attraverso il ciclo di vita dei dipendenti. Il marketing e le risorse umane sono migliori insieme: una relazione simbiotica costruita su competenze uniche e complementari.
    In quest’ottica, la leadership e il budget per l’employer branding possono essere affidati al responsabile del marketing, ma le operazioni quotidiane possono essere svolte in stretto allineamento interno con le risorse umane. Questa collaborazione rappresenta un motore vitale per trasformare i messaggi e il posizionamento del marketing nell’esperienza “vissuta” dai dipendenti, attraverso programmi come l’onboarding, la formazione, lo sviluppo della carriera e la creazione di comunità.
  3. Amplificare l’autenticità. L’idea di autenticità ha guadagnato terreno nel branding tradizionale dei consumatori, ma rappresentare autenticamente il marchio è ancora più importante nell’employer branding. I messaggi artificiosi suonano vuoti con i dipendenti che hanno un posto in prima fila per vedere ciò che accade all’interno di un’azienda, e mancano anche di credibilità tra i possibili candidati al nuovo posto di
    lavoro. Per avere successo nell’assunzione e nella fidelizzazione dei collaboratori di valore, è necessaria una conversazione continua attraverso programmi e campagne che esprimano il marchio in modo onesto, trasparente e con cui poter creare una relazione, creando attrazione per i candidati e promuovendo la fedeltà dei dipendenti.
    Quando Heineken (https://www.marketingweek.com/heineken-new-employer-branding-strategy/) ha lanciato una campagna in cui i dipendenti raccontavano spontaneamente le loro esperienze sul posto di
    lavoro, ha intrecciato i dipendenti nel tessuto della storia del marchio, creando un senso di coinvolgimento e di appartenenza. Allo stesso tempo, l’azienda ha offerto ai potenziali candidati uno sguardo in prima
    persona, non filtrato e aperto, su come ci si sente a lavorare in Heineken e i candidati hanno potuto dare un’occhiata senza veli all’esperienza dei dipendenti.



    Conclusione
    La costruzione di un marchio forte non riguarderà solo i clienti, ma anche i collaboratori di valore attuali e futuri. L’attenzione per l‘acquisizione e il mantenimento dei migliori talenti si è spostata dagli uffici delle risorse umane ai “piani alti”, poiché l’employer branding è balzato tra gli imperativi strategici. Data l’esperienza intrinseca della maggior parte delle persone in questo campo, non c’è gruppo più adatto di chi si occupa di marketing per contribuire agli sforzi di employer branding. Tuttavia, la costruzione di un buon marchio richiede molto di più di una solida strategia di content marketing: si tratta di stabilire la giusta mentalità, il set di competenze, l’autenticità e la cultura.