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Master CUOA. Un segno profondo, marcato, prezioso

Graduation Day  Executive Master Specialistici 30 ottobre 2019: discorso di Michela Tedesco, Alumna Executive Master in Crisis & Change Management

“Con gran piacere mi assumo il gradito onore di rappresentare in questa prestigiosa sede gli Allievi Master che, come me, hanno da poco completato un percorso di studio che meritava di essere intrapreso.
Nove mesi sono volati. Ma hanno lasciato un segno. Profondo, marcato, prezioso. La qualità dei docenti ci era nota preventivamente, ma è stato bello poterla sperimentare di persona.
L’efficacia della direzione scientifica si è confermata una volta di più attraverso l’abilità nell’individuare temi capaci di integrare e sapientemente miscelare conoscenze tecniche e competenze relazionali.

E poi non si può tralasciare l’importanza del lavoro di gruppo nelle singole classi, dove sono risultati strategici lo scambio di competenze e le opportunità individuali di apprendimento nelle diversità, anzi proprio attraverso le arricchenti diversità di ciascun profilo.
Lo sviluppo del project work è stato in questo senso esemplificativo di come soprattutto nei momenti critici si possano cogliere le potenzialità dei singoli.

Come ci insegnavano a scuola, una tesi ed un’antitesi trovano in genere la quadra nella sintesi, che si colloca sempre e comunque un gradino oltre le due posizioni di partenza.

Lo stesso abbiamo sperimentato qui: arrivati con convinzioni a volte differenti e sedimentate, siamo riusciti ad attraversare il confronto con rigore sistematico, raggiungendo e condividendo punti di arrivo inattesi e sorprendenti, dipanando insieme matasse che hanno smesso di apparire aggrovigliate non appena si è cominciato ad indagarle con sguardo nuovo.

Ciascuno di noi ha affermato e in alcuni casi confermato le proprie idee, in altre situazioni le ha modificate ed aggiornate; in più di qualche circostanza le ha abbandonate perché divenute obsolete dopo averle confrontate con punti di vista alternativi.

Quando ci siamo trovati per le ultime lezioni d’aula, molti di noi hanno commentato dispiaciuti l’approssimarsi della conclusione di questa esperienza altamente formativa, che abbiamo vissuto con una passione pari all’intensità dell’impegno che costantemente ci è stato richiesto.

Mi vengono in mente anche le attività di team building e orienteering, esperienze tutte che teoricamente poco parrebbero avere a che spartire con un master in crisis (o in finance). Viceversa si è trattato di passaggi non secondari lungo un cammino che ci ha pure consentito di approfondire la conoscenza di noi stessi, delle nostre modalità di reazione di fronte a situazioni nuove e della nostra abilità nel saper misurare e superare i limiti.

Al momento dell’iscrizione sentivamo magari soprattutto il bisogno di acquisire nuovi strumenti per competere a livelli più alti, ma strada facendo è stato piacevole accorgersi di come il confronto tra colleghi e gli stimoli offerti dai docenti ci abbiano permesso di aprire la mente a nuovi orizzonti, al cambiamento, proiettandoci quindi ben oltre le nostre pur significative aspettative di partenza.

Il percorso di studio ed approfondimento è diventato così percorso di crescita, professionale ed umana.

Progetti d’ampio respiro quale quello appena concluso risultano perciò essenziali a manager e professionisti per capire prima e poter di conseguenza governare poi i grandi cambiamenti nella gestione dell’impresa. Fondamentale è acquisire la capacità di comprendere in anticipo come potranno mutare gli scenari.

Oggi siamo qui per celebrare un traguardo ma anche una nuova partenza nel nostro itinerario di vita e di lavoro.

Prendo in prestito – avviandomi a concludere – la celebre massima d’un filosofo medievale, liberamente adattandola alla nostra contemporaneità. Diceva infatti Bernardo di Chartres già 900 anni fa “Noi siamo come nani sulle spalle di giganti”, con ciò intendendo che la storia del pensiero aveva ormai già così tanto costruito da consentire agli uomini dei suoi tempi di vedere più cose e più lontane rispetto a chi li aveva preceduti, non grazie all’acume della propria vista ma solo per merito delle spalle di quei giganti, la cui statura portava in alto gli uomini nuovi.

Ecco, rimaneggiando il filosofo francese, vorrei poter dire che la nostra aspirazione dovrebbe diventare quella di resistere senz’altro con i piedi sempre ben saldi sulle spalle dei giganti – tra i quali i nostri docenti – però con l’obiettivo dichiarato di saper a nostra volta diventare giganti, in grado quindi di stendere le gambe, ergerci diritti e fieri per arricchire di nuovi piani il grattacielo della conoscenza.

Il testimone che idealmente oggi ci viene passato va portato in progressiva accelerazione ai prossimi staffettisti, cui dobbiamo pensare di poterlo affidare dopo aver percorso il nostro giro di pista senza esserci accontentati di aver marciato al risparmio, ma con la certezza di aver investito ogni energia per ampliare la distanza sugli inseguitori.

Grazie a tutti: ai docenti, ai coordinatori e allo staff, che pazientemente ci hanno accompagnato in questi intensi e straordinari mesi”.