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La ricetta italiana per marchi, design e brevetti

Stiamo attraversando un periodo di difficoltà senza precedenti e al fine di tenere alto il morale e ricordare di che “pasta” siamo fatti giova un esercizio di memoria che ci permetta di rivolgere lo sguardo oltre il momento attuale, alla fama, creatività e follia che ci hanno reso famosi.
Non c’è nulla che, come la pasta, sia patrimonio mondiale, ma sia indissolubilmente legata alle nostre abitudini, alla nostra quotidianità e – naturalmente – alle nostre origini.

La pasta, al principio della sua storia, non era che un semplice impasto di acqua e farina; così i mercanti Cinesi la mangiavano, sotto forma di lunghi, sottili fili, portando la loro ricetta ovunque si recassero per gli scambi commerciali.
Se da un lato è vero che la pasta, in principio, è frutto di una contaminazione culturale, sin dal 1150 la sua culla d’origine è tutta italiana: la città di Trabia, in Sicilia. Stiamo parlando ancora di un impasto semplice, poco lavorato ed essiccato al sole, la progenitrice di quella che è la pasta dei nostri giorni: il cammino è appena iniziato!
Ma la zona di origine è ormai “segnata” nel suo destino: centinaia di anni dopo, non a caso, il Consorzio di Gragnano decide di proteggere l’eccellenza del suo prodotto con una Indicazione Geografica Protetta.

Passa il tempo e l’Italia cresce e si industrializza; verso la metà del 1800 la costruzione della ferrovia Napoli-Portici richiama molta manodopera, anche da paesi esteri. Proprio dalla piccola città di Thun in Svizzera arriva per lavorare alla ferrovia Theodore Von Vittel, tecnico, che resta affascinato dal nostro magnifico Paese e trova anche l’amore, sposando Rosetta Inzerillo, figlia di un pastaio locale. Verso la fine del 1800 uno dei loro figli, Giovanni, decide di rilevare il pastificio del nonno, ma si rende conto che la pasta Inzerillo-Von Vittel per quanto buona, potrebbe non trovare un grande consenso di pubblico quindi, con mirabile senso del marketing decide di modificarne, italianizzandolo, il nome che diventa, quasi per caso, un marchio di fama mondiale: Voiello.

Ma la storia della famiglia Von Vittel – sebbene sia la più nota – non è certo l’unica!
La nostra pasta nasce in Sicilia ma diventa adulta in Campania proprio grazie all’opera di piccoli pastifici locali, che hanno saputo cogliere le potenzialità del prodotto e che lo hanno sviluppato secondo i gusti del mercato, creando forme sempre nuove, trovandogli un nome riconoscibile che diventasse nel tempo il loro segno distintivo.
Consolidando, in questo modo, il loro vantaggio competitivo; cristallizzando la fiducia dei consumatori in un marchio… Anzi, in molti marchi per la verità, diventati icone internazionali e tutt’ora presenti nella nostra vita quotidiana.

È la storia dell’Italian Food all’estero, quello vero, fatto di lavoro e sacrifici e intuizioni geniali e… Un po’ di follia.
Pensiamo a qual’è il nome per eccellenza con cui, all’estero, si fa riferimento alla pasta: MACCHERONI! Ma neanche tanto tempo fa la stessa parola era usata, in modo decisamente poco amichevole, per riferirsi agli italiani stessi.

La pasta è dunque la storia di una società, della sua crescita e simbolo di status sociale: basta pensare ai diversi tipi di pasta, dalle forme più semplici che troviamo a pranzo ogni giorno, alle paste più elaborate e costose riservate ai giorni di festa: la sfoglia tirata a mano per tagliatelle o lasagne, la pasta ripiena dei tortellini.
Ma anche nelle sue ricette, la pasta è frutto di contaminazioni: il condimento principe è il pomodoro, prodotto tutt’altro che nostrano dal momento che ce lo ha portato la scoperta dell’America diversi secoli dopo che l’Italia aveva modificato la sua dieta introducendo il carboidrato per eccellenza!
Nonostante ciò, la pasta ha acquisito un alto grado di riconoscibilità in se stessa: dai maccheroni di cui si parlava poco fa adesso viene riconosciuta ancora prima di essere nominata – sin dagli scaffali del supermercato- grazie alle forme, ai colori ed ai marchi usati.

Per esempio il Consorzio della Pasta di Gragnano ha vestito le sue confezioni di colori riconoscibili, proteggendole come marchi di forma. E come loro molte altre grandi aziende hanno usato segni distintivi, campagne di marketing innovative, studio e sviluppo di nuovi prodotti comprendendo l’importanza di questo prodotto e la necessità di tutelarlo, contribuendo a rendere universale questa icona italiana.
Siamo quindi partiti da un semplice impasto di acqua e farina, per giungere ora ad un prodotto più  raffinato, che soddisfa diverse esigenze nutrizionali (con l’utilizzo di farine diverse, integrali o senza glutine) ma anche gli esteti più esigenti: la grande varietà delle forme è sempre stata il fiore all’occhiello della gastronomia italiana.
“Mille guise che poca differenza fanno” scrive un ricettario del 500… ma l’esperienza insegna che forme diverse, sebbene uguali nella sostanza, portano risultati diversi sul piano sensoriale: la pasta è forma allo stato puro e la forma conduce sapori diversi.

Un esperimento che si può fare in questo momento in cui siamo forzatamente a casa: cuciniamo 2 diversi formati di pasta e poi usiamo lo stesso condimento (olio e grana andranno benissimo): all’assaggio saranno diversi, nonostante si tratti sempre di pasta e dello stesso condimento.

La pasta sembra fatta apposta per ricordarci che FORMA e SOSTANZA sono elementi che interagiscono in maniera strettissima.

E lo sanno bene le aziende del settore che hanno proceduto con mirabile velocità ad esclusivizzare i formati di pasta di loro creazione registrandoli come design e proteggendone, così, la forma esteriore.
Ma non dimentichiamo che sostanza è data anche dal passaggio da una lavorazione prettamente manuale ad una industriale; dalla produzione “forzata” in zone calde e ventilate per permettere una perfetta essiccatura.
Un passaggio reso possibile dallo sviluppo dell tecniche industriali e dalla creazione e conseguente brevettazione dei macchinari per impastare, trafilare e essiccare.

La pasta sembra ora slegata dal suo territorio e riproducibile ovunque grazie alla tecnologia, che ha permesso anche il confezionamento e trasporto del prodotto attraverso il perfezionamento delle catene del freddo.
Ma è solo una prima impressione, se si guarda bene non c’è nulla come la pasta che abbia acquisito e trattenga in se il simbolo della sua culla natia: la bontà, la creatività e l’ingegno del Paese che le ha dato i natali.

Autore: Elena Brioschi, Alumna Master CUOA, European Trademark and Design Attorney Murgitroyd & Co