Finanza d'Impresa

La potenza è nulla senza il controllo (sempre vero)

L’area che conosciamo come “controllo di gestione” nelle aziende, e quindi il ruolo del “controller” si rivela sempre cruciale. Al di là dei trend passeggeri, che portano nomi più nuovi e attrattivi con promesse di innovazione e miglioramento, il “buon vecchio controllo di gestione” è un sempreverde. Parola dei CFO che con Randstad finance continuiamo e continueremo a incontrare e ascoltare con grande attenzione.

Il 92,5% dei CFO ritiene cruciale l’area del controllo di gestione.

Alla domanda “se potessi spendere un headcount, in che area del tuo team lo inseriresti”, la risposta di 37 su 40 intervistati è “controllo di gestione”.

Per gli “addetti ai lavori” dell’area finance la risposta può risultare come un “niente di nuovo sotto il sole”; possiamo in ogni caso evocare alcune immagini: oggi un’azienda senza il controllo di gestione può essere paragonata ad un’auto sportiva di lusso senza navigatore. Un’azienda con presenza internazionale senza un efficiente controllo di gestione può essere immaginata come un’auto da rally che corre solo con pilota, senza il navigatore.

Il controller è un ruolo chiave nelle organizzazioni moderne.

Non è il pilota, non è lui che guida l’automobile; se ne potrebbe teoricamente fare a meno, con benefici dal punto di vista della riduzione dei costi o del peso complessivo.  
Di fatto i vantaggi nell’assenza di navigatore possono essere tangibili.
Si potrebbe affermare “abbiamo sempre fatto senza, in tutti questi anni”, oppure che è possibile girare più liberamente, seguire i cartelli e l’istinto, senza vocine che suggeriscono quando svoltare, o frecce che si illuminano avvertendo di svoltare ad un certo punto.

C’è almeno un però. Quanto è comodo poter sapere con buona approssimazione quale sarà l’orario di arrivo partendo da Torino per arrivare a Firenze? Quanto più rilassante è una guida in cui è possibile concentrarsi sulla strada e sul viaggio stesso anziché doversi chiedere se si è presa la strada migliore o l’uscita giusta?

Ritornando all’immagine del rally, la sfida è trovare video di corse in cui il pilota fa tutto da solo. Parliamo di rally anziché di F1 perché probabilmente il percorso che le organizzazioni affrontano assomiglia più a sterrato accidentato che a una pista perfettamente liscia.

Navigatore, quindi, sostanzialmente indispensabile. Controller indispensabile.
I CFO sono d’accordo, tuttavia le aziende sono formate da tante persone diverse, con ruoli diversi e obiettivi diversi. Il lavoro di queste persone viene quasi sempre riassunto in numeri, e questi numeri passano per il controllo di gestione.

Di cosa si occupa o di cosa dovrebbe occuparsi il controller oggi?

Provo a sintetizzare qui la vista e aspettativa “interna” (finance) ed “esterna” (sales, operations, hr, direzione).
L’immagine emergente dai dialoghi con i CFO è di una persona che:

  1.  conosce molto bene il business, inteso come prodotto proprio e della concorrenza, conosce i mercati di riferimento e possibilmente le dinamiche dei principali clienti
  2. la conoscenza della contabilità civilistica è presupposto di base, così come i meccanismi per la costruzione della contabilità analitica.
  3. la fluidità di comunicazione in Italiano e Inglese è come l’ABC (perdonate il gioco di parole) e la grande dimestichezza (ai limiti del funambolismo) con excel è condizione imprescindibile.
  4. SAP o altri sistemi gestionali sono utili, ma non indispensabili. Certamente è necessario sapersi muovere tra sistemi diversi.
  5. Il quadro delle hard skills è completato dalla formazione universitaria: economia o materie scientifiche, con grande considerazione per ingegneria gestionale.
  6. PLUS sono le competenze “IT”; saper interrogare un database complesso per creare reportistiche e saper far dialogare tra di loro diversi sistemi è “la marcia in più”.

Inaspettatamente, le doti importanti per i controller risultano essere almeno per il 55% quelle “soft”, con moltissime sfaccettature. Può essere interessante stilare una “classifica”, senza dubbio non esaustiva ma in grado di rappresentare la complessità delle doti richieste dal ruolo.

  1. Capacità di presentazione: necessaria fluidità con powerpoint ad esempio, per mostrare i dati in modo comprensibile e semplice soprattutto ai “non finance”
  2. Public speaking, inteso come capacità di parlare di fronte a team di dipartimenti diversi dal proprio
  3. Saper “tenere il punto” e non farsi “portare a spasso” dai ragionamenti e spiegazioni / giustificazioni più o meno fantasiose dei colleghi di fronte a fenomeni economici e trend numerici inerenti le loro aree di lavoro
  4. Diffusione della “cultura del numero”, anche sapendolo raccontare: “lo storytelling del numero” è un concetto che emerge più volte
  5. Autonomia, intraprendenza e approccio imprenditoriale sono doti importanti
  6. Capacità di analisi, sintesi, che sfociano nella capacità di saper porre domande agli interlocutori di tutti i livelli
  7. Empatia, affabilità, curiosità, capacità di “zoom in & zoom out” completano il profilo.

A proposito di zoom, ora è necessario associare a questo nome anche teams, meet, gotomeeting, webex & co. Si è aggiunta una nuova complessità nelle relazioni, data dalla necessità di comunicare su piattaforma video.
L’efficacia nel sapersi porre – presenza e voce – e nel saper condividere schermo e strumenti sta diventando una dote fondamentale nelle relazioni all’interno di aziende, e sono sempre di più, che utilizzano il lavoro da remoto.

DOMANDA: la capacità di comprendere i processi per codificarli, magari correggerli e riscriverli anche in chiave “risk” è una competenza hard o soft?

La capacità, richiestissima, di “saper guardare al futuro”, quindi di forecasting ragionato tenendo in considerazione non solamente le proiezioni di dati che vengono dal passato ma soprattutto i trend e movimenti di mercati e fattori anche geopolitici e sociologici… come si impara? È un elemento hard, soft, o si tratta di un mix?

Il resto dell’organizzazione, e queste informazioni sono frutto di centinaia di tasselli provenienti da dialoghi con persone diverse di organizzazioni diverse, si aspetta da un controller la capacità di estrapolare e fornire reporting aggiornati, chiari, sintetici. Gli si chiede di conoscere e fornire i “quattro numeri” fondamentali per comprendere l’andamento della propria area, di un canale, di un cliente, di un investimento.
Al momento il controller viene visto come ancora un po’ arroccato sui numeri, un po’ rigido, parzialmente capace di negoziare, ma in ogni caso ascoltato e rispettato.

Il passo successivo e futuro per il controllo di gestione sarà probabilmente influenzato anche dalle doti di data visualization che che sarà in grado di sviluppare; sarà necessario saper utilizzare e condividere informazioni numeriche e qualitative. I big data infatti sono aggregati di cifre e parole, immagini, video, che in qualche modo hanno bisogno di essere codificati e trasformati in flussi.

Le organizzazioni guardano al controller come alla persona che può veramente fare da navigatore, e nella maggior parte dei casi la stoffa e le hard skills per fare il navigatore ci sono.
La voce, l’intonazione, il modo in cui parlerà il navigatore sarà determinante nel farsi ascoltare e seguire: alla fine, tra tanti numeri e tanta tecnologia, è e sarà determinante il vero tocco umano.

Autore: Filippo Canesso, Specialty Manager Finance, Banking & Insurance, Office Randstad Italia S.p.A.

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