General Management

Risk management nella Supply Chain

Daniele Meldolesi *

Image courtesy of Stuart Miles / FreeDigitalPhotos.netNei prossimi anni, un’area di focus particolare continuerà ad essere il Risk management nella Supply Chain.
Il Risk management esiste da diversi decenni come dottrina e ci sono aziende che hanno sviluppato una forte competenza in questa area, come le assicurazioni o le aziende che operano ogni giorno sui mercati delle commodity. Perché oggi si parla sempre di più di Risk management nella Supply Chain?

Maggiori rischi nella Supply Chain
Negli ultimi due decenni, le aziende hanno apportato dei cambiamenti molto importanti nella Supply Chain, per creare un modello di business più competitivo. Alcuni dei cambiamenti più importanti sono stati:

  • spostamento o apertura di siti produttivi in altre aree geografiche
  • ricerca sempre più spinta di fornitori alternativi con costi molto più competitivi
  • crescita dell’esternalizzazione di lavorazioni
  • penetrazione di nuovi mercati e crescita del numero di clienti all’estero.

L’azienda oggi è diventata centro di un sistema complesso di relazioni all’interno di un ampio network, anche internazionale, di fornitori e clienti, nato per ottenere forti benefici di costi, a fronte però di maggiori rischi.

Riepilogo di seguito alcuni rischi:
a) rischi derivanti da instabilità sociali, economiche e politiche del Paese (esempio Libia e Grecia nel 2012)
b) rischi di disastri naturali (inondazioni, piene, tsunami)
c) rischi di contraffazione
d) rischi di furti e pirateria
e) rischi di danni di immagine derivanti da comportamenti non etici dei fornitori
f) rischi di inadempienza contrattuale
g) rischi di non compliance su Qualità e Food Safety.

Da quanto sopra esposto, è chiaro quanto sia importante, in fase di progettazione di una Supply Chain, saper condurre un’accurata valutazione dei rischi per valutare il rapporto beneficio/rischi delle scelte. Molto importante è anche effettuare delle review periodiche della propria Supply Chain e chiedersi se delle scelte ad alto rischio siano ancora giustificate dai benefici che portano. Se il rischio diventa troppo alto rispetto al beneficio, allora o si trova un’azione a costo sostenibile per ridurre il rischio, oppure occorre cambiare scelta.
Il Risk Management dovrebbe essere quindi una pratica già attiva e diffusa da diversi anni, visto il cambiamento di contesto sopra espresso. Eppure ecco cosa diceva, in un suo studio del 2011, APICS, la più grande associazione mondiale nell’area Operations e SCM:

Supply chain risk management is still at an early stage of maturity and … there are gaps at the organizational management level”.

Lo studio rilevava, inoltre, che il 72% delle organizzazioni non aveva una posizione di Risk management, nonostante l’85% delle aziende intervistate worldwide avesse ammesso di avere avuto tra il 2010 e 2011 un caso di interruzione grave nella loro Supply Chain.

Negli ultimi due anni, invece, l’attenzione verso il Risk Management è cresciuta in maniera molto forte, perché il mercato e standard aggiornati di qualificazione hanno richiesto ai fornitori azioni per chiudere i gaps in questa area.

I rischi sono anche sul Current Business
In realtà non occorre preoccuparsi di rischi solo quando si fanno dei cambiamenti nella Supply Chain, ma anche quando si ha un asset network consolidato. Infatti, occorre sempre tenere presente che ogni interruzione nella Supply Chain può comportare danni enormi per l’azienda, tra i quali perdere l’intero Business e il market share.
Philips era uno dei maggiori fornitori di semiconduttori per Nokia ed Ericsson quando un incendio nel 2000 nel plant in Albuquerque di Philips distrusse chips per milioni di telefoni. Nokia formò immediatamente un Crisis Team e lavorò per trovare delle soluzioni. In cinque giorni individuò nel proprio network fornitori alternativi di chips. Sfortunatamente, ad Ericsson ci vollero settimane per reagire e questo ritardo (o mancanza di “resilienza”) causò la perdita di una grande quota di mercato in favore di Nokia. L’impatto economico nella propria divisione di telefoni cellulari fu enorme: 2,3 miliardi di dollari.
Essere preparati a situazioni di emergenza o crisi e avere un Business Continuity Plan è fondamentale e può essere per l’azienda una fonte di vantaggio competitivo. Oggi le ISO 22301 descrivono le caratteristiche necessarie per un sistema up to date di gestione della Business Continuity. Uno dei primi passi è quello di effettuare un’analisi dei rischi di interruzione del Business, partendo da varie categorie/aree di rischi.

Un esempio di lista di categorie/aree di rischio di interruzione del Business potrebbe essere il seguente:
People, RM Suppliers, IT System, Phones, Plant Equipments, Energy, Utilities, External Conditions, Transportation.

Nella mia azienda anni fa ho cominciato con la parte People, il che significa per esempio: cosa succederebbe alla mia Supply Chain nel caso di una Pandemia (ricordate il 2009? Fu un anno di grande allarme per l’influenza A/H1N1 o febbre suina)? E quali azioni intraprendere per mitigare i rischi e per assicurare la continuità del Business?
Vista l’importanza e la forte attualità del Risk management, gli attori della Supply Chain oggi devono avere competenze anche in questa area: per questo il Risk management è stato inserito nei programmi di certificazione APICS e nel Corso Executive in SCM del CUOA, che riprende il Body of Knowledge internazionale di APICS.

 

Amministratore Delegato di Cargill SSE Italy e Presidente di Advance Schoool,
partner corso CUOA Supply Chain Management