General Management

Il greenwashing: cos’è e come evitarlo

sostenibilità

di Federico Rossi – Sintesi Comunicazione*

La sostenibilità non è una moda o un’operazione di marketing. È un percorso che affonda le radici in una profonda revisione del modello di business, dei processi e dei prodotti
In questo contesto la comunicazione, tendenzialmente, arriva solo alla fine di questo percorso in quanto deve basarsi su delle evidenze il più possibili concrete, misurate e validate.
Non esistono scorciatoie anche se qualche azienda cerca di comunicare senza aver condotto questo studio trovandosi quindi a veicolare dei messaggi vuoti di contenuti e facilmente “smascherabili” dal mercato.
In un mondo sempre più interconnesso e dove i social network permettono una rapida e ampia condivisione delle informazioni, però, il cosiddetto greenwashing ha vita brevissima.
Millantare strategie “green” senza averle messe realmente in pratica cercando quasi una captatio benevolentiae non produce più gli effetti positivi di una volta, anzi, rappresenta un potentissimo boomerang che ritorna con effetti devastanti, quasi immediati e difficilmente recuperabili, sulla reputazione e sulla credibilità.

Se il greenwashing punta a creare un capitale reputazionale fittizio nascondendo la realtà delle cose, le tecniche che generalmente vengono implementate sono due:

  • decopuling (sdoppiamento) ovvero la comunicazione di un impegno, però solo apparente, volto a soddisfare le istanze di tutti gli stakeholders quando in realtà nessuna attività e, soprattutto, nessun cambiamento radicale nel “modus pensandi” e nel modus operandi viene apportato;
  • attention deflection (deviazione dell’attenzione) ovvero lo sviluppo di pratiche che puntano a sviare l’attenzione dai temi sostenibili realmente importanti, e sui quali l’azienda è verosimilmente carente, ponendo l’attenzione su aspetti secondari anche comunicando autocertificazioni e disclosures selettive.

Le conseguenze negative del greenwashing, però, non impattano solo sull’azienda che lo perpetra ma potenzialmente può incidere sulla credibilità di tutto il comparto, coinvolgendo quindi anche le aziende “sane”. In uno scenario così delineato, l’azienda che non vuole cadere nel rischio greenwashing dovrà riporre la massima attenzione ai suoi comportamenti e alle sue comunicazioni che dovranno seguire le direttrici sotto indicate.

Autenticità
Il percorso di sostenibilità e la conseguente comunicazione devono trovare reale riscontro nelle strategie e nelle azioni dell’azienda. La comunicazione non dovrà millantare comportamenti o persuadere un target, dovrà trasmettere, condividere, rendere comprensibile e fruibile a stakeholders diversi l’evoluzione effettivamente compiuta dall’azienda.

Trasparenza
Sicuramente la comunicazione della sostenibilità dovrà focalizzarsi, senza però magnificarli oltre modo, sulle best practice aziendali, ma per essere veramente credibile non dovrà occultare gli ambiti nei quali non si è ancora pienamente efficienti.
L’azienda a “impatto zero” non esiste l’importante è comunicare la situazione reale senza nascondere gli eventuali “work in progress”. Il tutto in maniera molto trasparente.

Informazioni
La comunicazione della sostenibilità non dovrà saper bilanciare in modo sapiente creatività e concretezza.
Anzi sarà proprio grazie alla creatività che le informazioni (spesso molto tecniche e specialistiche) potranno essere rese fruibili a destinatari molto eterogenei per competenza e livello di interesse.
Alla base di tutto, però, dovrà esserci un patrimonio informativo solido da veicolare senza la  paura di essere “copiati” dai concorrenti e senza il timore di essere eventualmente “criticati”.

Pervasività
L’approccio sostenibile deve permeare tutta l’azienda, allo stesso modo la sua comunicazione taglia trasversalmente tutta l’organizzazione soprattutto dalla fase di definizione e di implementazione del percorso fino alla raccolta e alla comunicazione delle informazioni.

Continuità
L’attività “one shot” non paga. L’azienda “green” lo è nel DNA e deve essere quotidianamente impegnata nel raggiungimento reale dei migliori risultati di sostenibilità. Se sviluppa solo qualche attività marginale magnificandola con la comunicazione il tutto risulterà poco credibile

Modestia
Per quanto tra i suoi obiettivi ci sia comunque un aumento del capitale reputazionale e lo sviluppo di un vantaggio competitivo aggiuntivo, la comunicazione della sostenibilità non deve persuadere e convincere in un colpo solo che l’azienda sia nettamente migliore dei suoi concorrenti.
La comunicazione della sostenibilità non deve essere autocelebrativa e non dovrà “urlare” rivendicando meriti. Dovrà comunicare con eleganza, chiarezza e puntualità i risultati reali di un percorso concreto. I meriti saranno riconosciuti dal mercato e dagli stakeholders.

Equilibrio
Tecnicismo o emozione? Parlare in maniera troppo scientifica a un consumatore finale può essere recepito come fumo negli occhi, rivolgersi con un taglio troppo creativo a un tecnico potrà essere interpretato come mancanza di argomenti reali.
Dipende sempre dal target. Quasi mai una leva esclude l’altra ma i due aspetti devono essere gestiti in funzione dei destinatari.

Autorevolezza
I dati delle performance ambientali devono essere il più possibile chiari, puntuali, confrontabili e replicabili. Per essere maggiormente credibili, devono essere anche avallati e certificati da un ente terzo autorevole e riconosciuto. L’azienda non deve inventarsi finti marchi di certificazione o catalizzarsi solo su un’attività di autocertificazione.

Coerenza
I messaggi e i media utilizzati per trasferirli devono essere coerenti con la filosofia sostenibile implementata in azienda.
Comunicare il proprio impegno verso l’ambiente tramite, ad esempio, un evento altamente energivoro o tramite una campagna non convenzionale che utilizza quantità sovradimensionate di carta non possono essere definite attività di comunicazione ambientale efficaci.

Reale stakeholders engagement
Se i destinatari della comunicazione della sostenibilità sono gli stakeholders questi dovranno essere coinvolti nel processo di creazione di un valore condiviso e dei contenuti di comunicazione.
Il coinvolgimento dovrà essere reale e non di facciata. Così facendo non solo si potrà orientare al meglio la comunicazione ma si rafforzerà la relazione con i portatori di interesse dell’azienda.

Per evitare il rischio greenwashing serve, non solo da parte dell’azienda ma di tutto il contesto, una sensibilità forte e una cultura concreta della sostenibilità. In questa direzione si muove il progetto “Economia Circolare – Senso etico ambientale ed industriale del prodotto e del riciclo” Codice 79-1-948-2016 – POR FSE 2014-2020 DGR 948/2016 che vede CUOA business school come capofila.

Un progetto complesso strutturato su workshop, attività di formazione, visite aziendali, borse di ricerca che punta, anche in una prospettiva di confronto internazionale, a promuovere le pratiche sostenibili e offrire a imprenditori, manager e professionisti gli strumenti e le competenze per non cadere nei freni tipici della sostenibilità e abbracciare pienamente il nuovo paradigma orientando così le aziende verso un modello più etico ma al contempo decisamente più competitivo.

*Partner operativo del progetto Economia Circolare