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La sostenibilità: un dovere, ma anche un valore aggiunto

di Gabriella Chiellino*

La sostenibilità era già un principio guida nel 1932 quando Menifred E. M. Dodd scriveva: «Le attività di impresa sono permesse e incoraggiate dalla legge perché sono un servizio alla società piuttosto che fonte di profitto per i suoi proprietari».

Parlare oggi di bilancio di sostenibilità, dunque, non è solo discutere di report cartacei o di compliance legale, non è aggiungere, burocrazia a burocrazia. Il Decreto 254 del 2016 obbliga alcuni tipi di imprese a comunicare all’interno dei loro bilanci finanziari informazioni di altra natura, su ambiente, comunità di riferimento, personale, rispetto dei diritti umani e lotta alla corruzione attiva e passiva (integrazione 231).

Ma la sostenibilità non è ancora un obbligo per tutti: è, semmai, un dovere e può diventare un valore aggiunto per un’impresa anche di piccole dimensioni.

La sostenibilità, infatti, oggi non è un peso, fa business: per dare valore alle aziende bisogna lavorare su processi che rispettino il territorio e la società, cioè capitale umano, dipendenti, cittadini.

Oggi il valore di un’impresa non è più solo economico, ma anche reputazionale. La sostenibilità è un fattore di differenziazione strategica: gli stakeholder e i consumatori valorizzano le imprese che adottano un comportamento responsabile, gli investitori tengono sempre più in considerazione i temi ESG (Environmental, Social and Governance), dati e indicatori evidenziano la capacità delle aziende di creare valore sul territorio, l’impatto sociale e ambientale di un’impresa è un fattore sempre più distintivo da gestire come un “brand”.

Già negli anni Novanta l’economista Michel Porter spiegava: «L’inquinamento è una forma di spreco economico, che implica l’utilizzo non necessario, inefficiente o incompleto di risorse. Spesso le emissioni sono un segnale di inefficienza e impongono a un’organizzazione il compimento di attività che non generano valore, quali la gestione, lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti prodotti. Alla base degli sforzi di riduzione degli sprechi e di massimizzazione del profitto vi sono alcuni principi comuni: l’uso efficiente degli input, la sostituzione dei materiali e la minimizzazione delle attività non necessarie».

Essere sostenibili, dunque, per un’impresa è una grande opportunità sia per raggiungere il proprio obiettivo costitutivo sia per essere parte del cambiamento in un’ottica di miglioramento obbligato per il nostro pianeta e per le proprie performance produttive.

La Global Reporting Iniziative (GRI) declina nelle sue linee guida questi tre argomenti di sostenibilità:

  1. sostenibilità economica: valore economico generato e distribuito; impatti economici indiretti; gestione del personale; gestione dei fornitori; rapporti con i clienti; salute e sicurezza, interna ed esterna;
  2. sostenibilità ambientale: impatto ambientale; risparmio energetico;
  3. sostenibilità sociale: rapporti con il territorio; diritti umani; etica.

Proprio per supportare le imprese del territorio a sviluppare una maggiore sensibilità rispetto ai temi della sostenibilità condividendo approcci, modelli e best practice CUOA Business School, in collaborazione con eAmbiente ha promosso il Corso “L’impresa sostenibile: strategie, governance, processi e reporting” con avvio l’11 ottobre 2019.
L’iniziativa, suddivisa in tre moduli per una durata globale di 40 ore, affronta sia temi di carattere strategico ed organizzativo, sia temi legati ai processi e agli strumenti della comunicazione e della rendicontazione non finanziaria.

*Fondatrice e Presidente di eAmbiente Group