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Internazionalizzazione e gestione del personale: standardizzazione o localizzazione?

Uno trade-off classico per le imprese impegnate in processi di internazionalizzazione è quello tra standardizzazione e localizzazione.
Con il primo termine si intende l’adozione di processi decisi dalla casa madre e applicati in maniera uniforme in tutte le sedi dell’impresa.
Con il secondo termine si fa invece riferimento alla possibilità di modificare a livello locale procedure e standard, al fine di rispondere in maniera più adeguata alle richieste della realtà sociale ed economica dei Paesi nei quali ci si trova ad operare.

Entrambe le soluzioni possono produrre importanti vantaggi: la standardizzazione, da un lato, facilita comunicazione e coordinamento, aumentando le opportunità di controllo e confronto tra sedi estere; la localizzazione, dall’altro, permette all’impresa di ridurre le normali resistenze che si hanno nei confronti delle aziende straniere, migliorando l’adattamento alle specifiche condizioni del Paese ospitante.

Con riferimento alla gestione del personale, tra le numerose variabili che possono condizionare la scelta tra le due alternative vi sono le preferenze e le motivazioni dei lavoratori. Come suggerito da un noto modello sviluppato da Boxall e Purcell (2006)[1], la performance dei collaboratori può essere definita come il prodotto tra Abilità x Motivazioni x Opportunità.
Secondo questo modello, attività di gestione del personale quali reclutamento, selezione e formazione, contribuiscono innanzitutto a migliorare le abilità dei lavoratori. Per quanto il loro capitale umano sia aumentato, questi ultimi non adotteranno comportamenti in linea con le attese organizzative, se non in presenza di una forte motivazione, che può essere sostenuta con attività quali sistemi di valutazione e sviluppo, piani di carriera e politiche retributive incentivanti.
Il maggiore impegno dei lavoratori si tradurrà in maggiori prestazioni aziendali solo in presenza di modelli di organizzazione del lavoro che offrano agli individui l’opportunità di partecipare e implementare quanto appreso.
Comprendere le motivazioni e supportare la crescita professionale è quindi fondamentale per ottenere buone prestazioni: ma possiamo aspettarci che le motivazioni dei lavoratori cambino in base al loro Paese di appartenenza oppure esistono modelli motivazionali “universali”?

Un’analisi dei dati del progetto di ricerca Cross-Cultural Collaboration on Contemporary Careers (che è consultabile al link https://5c.careers/), compiuta in collaborazione con Matilde Arcari, laureanda del Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Padova, porta a propendere per la necessità di una localizzazione delle attività di gestione del personale.
In particolare, lo studio si è concentrato su quattro Paesi (Italia, Germania, Messico e Nigeria), diversi per livello di sviluppo economico, religione e modelli istituzionali. Se da un lato, circa un terzo dei rispondenti per ciascun Paese condividono un profilo motivazionale simile, orientato alla sicurezza economica e professionale, i dati mostrano significative differenze a livello locale. Tra i lavoratori italiani, ad esempio, un gruppo significativo ha indicato un orientamento verso un lavoro che consenta, allo stesso tempo, di ottenere un buon work-life balance e la possibilità di sviluppare progetti in autonomia. Nel caso dei lavoratori tedeschi, invece, l’equilibrio tra vita privata e professionale si associa alla sicurezza del posto di lavoro. Infine, i lavoratori nigeriani esprimono il desiderio di fare un lavoro che abbia un significato solo per loro stessi, ma che influenzi anche la comunità nella quale vivono.

Seppur brevemente descritti, questi risultati offrono interessanti spunti di riflessione alle Direzioni del Personale, suggerendo che un approccio standardizzato alla gestione dei collaboratori in contesti internazionali da un lato offre risparmi economici certi, dall’altro genera dei costi comportamentali nascosti che potrebbero rallentare il processo di sviluppo dell’impresa.

Autore: Martina Gianecchini, Professoressa Associata di Gestione delle Risorse Umane all’Università di Padova e referente scientifica dell’Executive Master in Human Resource Management – CUOA Business School.

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[1] Boxall, P., & Purcell, J., 2016, Strategy and Human Resource Management 4e, Palgrave, London.