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Come dare una strategia e un’organizzazione alla tua startup… senza perdere velocità e flessibilità

Quando parlo di strategia e organizzazione con degli startupper, mi sento
spesso rispondere: “Simili concetti non sono applicabili nella mia azienda, nel mondo delle Startup c’è bisogno di velocità e flessibilità”. A primo impatto si può condividere questo concetto.
La situazione, però, è ben più complicata di così e va dettagliata meglio.
Sottovalutare l’aspetto Strategico e Organizzativo di una Startup può essere fatale per il suo destino.
Come visto nel precedente articolo “Il Segreto per Creare una Startup di
Successo”, tra le varie cause di fallimento delle nuove imprese, la più
frequente è quella di definire dei business plan basati su delle intuizioni, di
eseguirli con precisione per poi trovarsi senza fondi residui dopo aver portato sul mercato un prodotto che nessuno vuole.

Questo accade a causa di un equivoco.
La maggior parte delle nuove imprese vengono gestite come aziende già avviate. Le Startup hanno però regole di vita proprie, ben diverse da quelle di realtà già consolidate.
Un business già avviato vive di innovazioni incrementali ovvero di piccoli
miglioramenti continui e dall’esito certo che, gradualmente, aumentano i ricavi o diminuiscono i costi.
Essendo l’esito certo, la loro modalità di gestione è basata sulla
pianificazione delle attività e la loro esecuzione.
Una Startup sta invece creando qualcosa che prima non c’era e propone
innovazioni radicali, ovvero di intuizioni il cui successo commerciale ha
un’incertezza elevata. Per questo motivo, ne vanno verificate l’adottabilità da
parte di un mercato e la sostenibilità.

Le innovazioni radicali necessitano, quindi, di modalità di gestione orientate
alla validazione delle ipotesi ovvero sull’applicazione del Metodo Scientifico.
Il Metodo Scientifico si basa su cinque momenti:
a. Osservare dei Fenomeni
b. Formulare delle Ipotesi
c. Elaborare delle Previsioni basate sulle Ipotesi
d. Testare la Previsione
e. Utilizzare i risultati dei test per generare nuove Ipotesi e Previsioni
Traducendo in termini business, i cinque momenti diventano:
a. Creare delle rappresentazioni dei potenziali Clienti (Buyer Persona)
b. Ipotizzare delle Soluzioni ai loro Problemi
c. Definire obiettivi/strategie/previsioni di vendita/piani di
marketing/proiezioni finanziarie (Business Plan)
d. Testare le Ipotesi alla base del Business Plan
e. Utilizzare i risultati dei test per aggiustare i punti precedenti
Questi 5 momenti si possono raggruppare in tre fasi che sono rappresentative
del ciclo di vita di ogni Startup/Innovazione di successo:

  1. Creare delle rappresentazioni dei Potenziali Clienti e Ipotizzare delle
    Soluzioni ai loro Problemi (Ricerca del Problem/Solution Fit)
  2. Creare un Business Plan e Testarne le Ipotesi (Ricerca del Product/Market Fit)
  3. Utilizzare ciò che si è imparato nelle fasi precedenti per fare crescere
    l’azienda e strutturarla (Ricerca del Channel/Product Fit)
    Per ognuna di queste fasi, la Startup avrà Processi, Organizzazioni, Sistemi e Indicatori di Performance dedicati.
    Nel corso di questo articolo faremo una panoramica su ognuna di queste tre fasi col fine di capire come deve evolvere una nuova impresa a seconda degli obiettivi che deve perseguire.

Creare delle rappresentazioni dei potenziali clienti e ipotizzare delle soluzioni ai loro problemi (ricerca del problem/solution fit)

Il caso IPOD

La Ricerca del Problem/Solution Fit è una fase in cui una Startup scandaglia il mercato per capire quali sono i problemi dei suoi potenziali clienti per ipotizzarne delle soluzioni.
Durante questa fase, gli obiettivi sono:

  • Definire i Potenziali Clienti (ovvero le rappresentazioni dei loro profili e dei problemi che devono affrontare)
  • Validare le rappresentazioni dei Potenziali Clienti e dei loro problemi (ad es. attraverso Interviste/Sondaggi con alcuni di loro)
  • Formulare delle ipotesi per la soluzione ai problemi dei Potenziali Clienti.

In questa fase, l’azienda sarà così configurata:

Processi: saranno destrutturati e definiti in base alle esigenze specifiche

Organizzazione: non ci sarà un’organizzazione vera e propria ma sarà necessario un team con le capacità necessarie per
• Elaborare/testare i Potenziali Clienti e i loro problemi
• Elaborare delle soluzioni tecniche ai problemi dei Potenziali Clienti

Sistemi: non c’è necessità di strutturare dei sistemi, in questa fase basteranno dei software di produttività personale

Indicatori di Performance: l’unico è il tempo necessario a svolgere le attività che va minimizzato per non sprecare fondi Per fare ciò è bene tenere presente che in questa fase si stanno cercando delle tracce da seguire. Queste saranno poi validate e corrette in fasi successive. Basteranno quindi delle bozze di Potenziali Clienti e di soluzioni tecniche ai loro problemi
L’Output di questa fase è un insieme di Concept di Prodotto per la risoluzione dei Problemi dei Potenziali Clienti.

Per capire meglio l’importanza della fase di Ricerca del Problem/Solution Fit, possiamo fare un parallelismo con un caso reale, ovvero la concezione ed il lancio di iPod da parte di Apple.
Verso la fine degli anni ‘90, il mondo della musica scoprì il formato digitale MP3 che diventò popolare grazie ad una piattaforma di condivisione di file illegale chiamata Napster.
Contemporaneamente, nacquero i primi lettori MP3 portatili, dotati di una capacità di memoria pari ad un CD (10-14 canzoni), una interfaccia utente difficile da navigare e un sistema di trasferimento dati da PC basato sulla tecnologia USB 1.1, dalla capacità di un CD in 5 minuti.
Nella fase di creazione delle rappresentazioni dei Potenziali Clienti e ipotesi delle soluzioni ai loro problemi, Apple percepì che una grande fetta di mercato voleva avere a disposizione una libreria più estesa (di circa 1.000 canzoni) da poter navigare con facilità. Il problema tecnico relativo al trasferimento dati da PC (una simile mole di dati avrebbe richiesto alcune ore), sarebbe stato efficacemente superato grazie alla tecnologia FireWire, di cui erano già dotati tutti gli iMac.
In base a queste informazioni, il concetto che Apple propose in risposta a queste problematiche portò successivamente alla creazione di iPod (lancio 23 ottobre 2001, 100 milioni di pezzi venduti in data 1° aprile 2007).

Prima di procedere, è necessaria una precisazione: sarebbe un errore pensare che il caso di un’azienda appartenente al mondo hi-tech di Silicon Valley con un fatturato miliardario come Apple sia fuori contesto quando si parla di Startup.
Essendo un marchio molto famoso, l’utilizzo di questo caso come di quelli che seguiranno nel corso dell’articolo è legato ad una più immediata comprensione degli argomenti trattati dato che permettono di entrare nelle dinamiche di queste aziende potendo dare per scontato il loro modello di business.
Questi casi aggiungono valore ai contenuti e dimostrano che le metodologie illustrate in questo articolo possono essere applicate a qualsiasi prodotto, servizio, settore, azienda o innovazione.
Creare delle rappresentazioni dei Potenziali Clienti e Ipotizzare delle Soluzioni ai loro Problemi, creare un Business Plan e testarne le Ipotesi e utilizzare ciò che si è imparato nelle fasi precedenti per fare crescere l’azienda sono attività chiave che possono essere adattate ad ogni business/innovazione.

TESTARE LE IPOTESI CONTENUTE IN UN BUSINESS PLAN (RICERCA DEL PRODUCT/MARKET FIT)

I Casi Facebook e Instagram

La Ricerca del Product/Market Fit è una fase in cui una Startup, beneficiando del lavoro fatto nella fase di creazione delle rappresentazioni dei Potenziali Clienti e ipotesi delle soluzioni ai loro problemi, testa i propri concept di prodotto per capire se possano avere un mercato che possa dare origine ad un business sostenibile.
Durante la Ricerca del Product/Market Fit, gli obiettivi sono:

  • Creare un Business Plan ovvero le Ipotesi di • Valore (qualcuno vuole il Prodotto)
  • Crescita (quante persone vogliono il Prodotto) – Testare le Ipotesi alla base del Business Plan
    Per brevità, in questo documento non ci soffermeremo sulle modalità di creazione di un Business Plan ma su come testarne le ipotesi.

Per fare ciò, si ricorre all’utilizzo dei Minimum Viable Product (MVP).
Un MVP è la minima unità di un prodotto che sia immettibile su un mercato. Questa può essere costituita da:

– Smoke Test ovvero poco più che una descrizione del prodotto (ad es. un video)

– Prototipi e Versioni di Prova che permettono di testare una o più Ipotesi alla volta

– Prodotti Vendibili che possono essere lanciati all’interno di un mercato o di una sua porzione.

Mettendo un Minimum Viable Product sul mercato, questo verrà utilizzato da chi sente di più il Problema, ovvero gli Early Adopters.
Gli Early Adopters sono i primi a volere un prodotto e costituiscono la fortuna di una Startup in quanto permettono di raccogliere due tipi di feedback:

  • Quantitativi (ovvero indicatori di performance numerici)
  • Qualitativi (ovvero dei suggerimenti che permettono di interpretare gli indicatori di performance numerici).

L’importanza di questi feedback è di permettere alla Startup di riconoscere se le Ipotesi su cui si basa sono corrette o meno. Quando i dati raccolti sono in linea con le ipotesi fatte nel Business Plan, la strategia è quella di continuare nella strada intrapresa ottimizzando l’MVP. Quando non confermano le ipotesi fatte nel Business Plan, la strategia è quella di cambiare rotta basandosi proprio sui dati qualitativi raccolti.

In questa fase, l’azienda sarà così configurata:

  • Processi: saranno strutturati e definiti, con l’obiettivo di minimizzare il tempo necessario per creare un MVP, rilasciarlo per gli Early Adopters, raccogliere i loro feedback ed elaborarli
  • Organizzazione: per guadagnare in efficienza, sarà necessario creare due gruppi di lavoro
    • Business Leadership con lo scopo di interfacciarsi con gli Early Adopters ed elaborare i feedback ricevuti
    • Product Development con lo scopo di sviluppare gli MVP e tradurre i risultati dei test in nuove Funzionalità di Prodotto pag. 7
  • Sistemi: a seconda del budget, può essere utile sostituire i software di produttività personale con dei sistemi standard di raccolta dei feedback da parte dei clienti
  • Indicatori di Performance: vanno misurati
    • Quante persone scoprono l’esistenza dell’MVP (Awareness)
    • Quante persone lasciano un contatto all’azienda (Acquisition)
    • Quante persone provano l’MVP (Activation)
    • Quante persone utilizzano ripetutamente l’MVP (Retention)
    • Quanto incasso da un’eventuale vendita dell’MVP (Revenue)
    • Quante volte l’MVP è stato consigliato ad altri da chi l’ha utilizzato (Referral).
    La prima misura di questi indicatori costituisce la base che va poi migliorata sfruttando i feedback degli Early Adopters.
    L’Output di questa fase è la validazione delle Ipotesi su cui si basa il Business Plan dell’azienda.

Per capire meglio il concetto di Ricerca del Product/Market Fit si può considerare il caso di Facebook.
Quando Mark Zuckerberg, Dustin Moskovitz e Chris Hughes si trasferirono in Silicon Valley nel giugno 2004, il loro social network aveva 150.000 utenti registrati in alcuni campus universitari americani ma delle Revenue prossime allo zero.
I dati a loro disposizione validavano però due ipotesi fondamentali:

– Valore: gli utenti passavano una porzione consistente della loro giornata su Facebook e in media accedevano al sito due volte al giorno

– Crescita: circa il 75% degli studenti nei campus in cui era disponibile si erano registrati senza che venisse speso un dollaro in Marketing.
La promessa contenuta nel Business Plan della Startup era di poter creare un network solido e a basso costo, con il quale guadagnare dalla vendita di pubblicità, e gli Indicatori di Performance misurati avvaloravano questa tesi.
Fu soprattutto grazie a ciò che Peter Thiel, cofondatore di PayPal, si convinse nello stesso anno a finanziare Facebook per 50.000$, a cui seguì, nell’Aprile del 2005, un secondo round di funding pari a 12.700.000$, da parte stavolta di Accel Partners.

Cosa succede però nel caso in cui le Ipotesi di Business Plan vengano smentite?
Questo caso è fondamentale nella vita di una Startup e può essere un’occasione.
Non dobbiamo mai dimenticare che il fallimento è il prerequisito per imparare.
Il budget a disposizione di una Startup è solitamente molto limitato e non può essere sprecato, rendendo necessari cambi di rotta repentini e formulando nuove Ipotesi di Business Plan. Nel fare ciò, è un vantaggio potersi basare su dei test effettuati in precedenza, avendo già a disposizione tutti i feedback degli Early Adopters che descriveranno cos’ha funzionato e cosa no.
Per capire meglio quanto questo concetto sia fondamentale, si può considerare il caso di Instagram.
La versione originale del Social Network del momento si chiamava Burbn in onore della passione del suo fondatore, Kevin Systrom, per il whiskey del Kentucky. Il formato originale prevedeva una app basata sulla geolocalizzazione che permetteva di registrare il proprio ingresso nei luoghi visitati e pianificare degli ingressi futuri. Nella app erano presenti due funzionalità accessorie ovvero la possibilità di applicare dei filtri colore alle proprie foto profilo e di pubblicare le foto delle uscite con gli amici.
Osservando gli Indicatori di Performance, Systrom si rese conto che l’aspetto legato alla geolocalizzazione era in gran parte ignorato dagli utenti mentre gli Early Adopters impazzivano per i filtri e la condivisione delle foto.
Per questo Systrom cambiò totalmente il concept e il nome della app creando Instagram.

UTILIZZARE CIÒ CHE SI È IMPARATO NELLE FASI PRECEDENTI PER FARE CRESCERE L’AZIENDA E STRUTTURARLA (RICERCA DEL CHANNEL/PRODUCT FIT)

IL CASO DUCKDUCKGO

La Ricerca del Channel/Product Fit è una fase in cui una Startup, beneficiando della conoscenza degli Early Adopters fatta nella fase di test delle ipotesi contenute in un business plan, si concentra sull’Acquisizione di nuovi clienti e sulla Crescita.
Durante la Ricerca del Channel/Product Fit, gli obiettivi sono:

  • Acquisire un bacino di clienti
  • Fare crescere il Fatturato.

Per fare ciò, sono molto utili le tecniche di Growth Hacking (GH).
Il GH si basa su un concetto ben preciso: le campagne di Marketing di successo sfruttano di solito dei canali conosciuti ed efficaci, ma per questo molto costosi (ad esempio campagne televisive, Google Ads.).
Una Startup, per ovvi motivi di budget, non può competere a questi livelli.
Il Growth Hacking si basa su un processo fatto di test condotti su 20 diversi Canali di Marketing per massimizzare gli Indicatori di Performance costruiti e misurati nella fase di validazione delle ipotesi contenute in un business plan (ovvero Awareness, Acquisition, Activation, Retention, Revenue e Referral) e la redditività di ogni campagna minimizzando allo stesso tempo gli investimenti necessari.

In questa fase, l’azienda sarà così configurata:

  • Processi: saranno strutturati e definiti, con l’obiettivo di minimizzare le iterazioni necessarie a testare i Canali di Marketing
  • Organizzazione: si evolverà nel tempo al crescere dell’azienda verso una organizzazione più classica
    • Business Leadership con lo scopo di garantire le strategie e gli obiettivi di business
    • Marketing, Sales e After Sales con lo scopo di attrarre e fidelizzare nuovi clienti ma anche di fare da interfaccia con il Product Development
    • Product Development con lo scopo di sviluppare e testare nuove funzionalità in base ai feedback del mercato
    • Operations con lo scopo di ingegnerizzare, produrre e distribuire i prodotti con modalità sempre più efficienti grazie alle innovazioni incrementali
    • Funzioni di staff quali Risorse Umane, Finance e Amministrazione – Sistemi: l’azienda comincerà a strutturarsi secondo i metodi tradizionali mantenendo e ingegnerizzando in parallelo i sistemi utilizzati per le fasi di Problem/Solution e Product/Market Fit
  • Indicatori di Performance: continueranno ad essere misurate Awareness, Acquisition, Activation, Retention, Revenue e Referral aggiungendo la redditività di ogni campagna di Marketing. A queste grandezze, andranno accostate le grandezze classiche per la gestione di un’azienda (Gross Sales, Net Sales, Days Sales Outstanding, Days Payable Outstanding, Operative Income, Days Sales of Inventory e CAPEX)

L’Output di questa fase sono dei canali di vendita validati e scelti perché hanno una redditività migliore delle alternative testate nonché un maggior fatturato da parte della Startup.
Nei casi di maggior successo, la metodologia del Growth Hacking può portare ad innescare un sistema che si auto-alimenta grazie al passaparola di chi ha acquistato il prodotto (Viral Loop).
Per capire meglio il funzionamento del Growth Hacking nella ricerca di nuovi Canali di Marketing, si può considerare il caso di DuckDuckGo.
DuckDuckGo è un motore di ricerca che si propone di sostituire Google per tutte le persone che temono che la propria privacy sia violata dagli algoritmi del sistema numero uno al mondo.
Dopo la sua fondazione, il problema della Startup era quello di trovare un Canale di Marketing a basso costo che permettesse alla Startup di essere visibile al maggior numero di persone possibili senza dover entrare in competizione con attori che avessero a disposizione molto più fondi.
Scorrendo tutte le possibili opzioni, venne proposta l’idea di utilizzare dei cartelloni pubblicitari. Idea sulla carta scadente, in quanto sicuramente realizzabile a costi bassi ma, molto probabilmente, con un’efficacia altrettanto modesta.
La proposta fece sorgere l’idea di fare un test: mettere un cartellone pubblicitario davanti alla sede di Google con la scritta
“Google tracks you. We don’t.” (Google vi traccia. Noi no.)
Risultato: l’iniziativa diventò virale, DuckDuckGo finì su tutti i giornali e i siti di settore, guadagnando una popolarità smisurata rispetto al budget investito.

CONCLUSIONE

Nel mondo delle Startup c’è bisogno di velocità e flessibilità.
Allo stesso tempo questo non significa che le nuove imprese non necessitino di Processi, Organizzazioni, Sistemi e Indicatori di Performance.
Sottovalutare l’aspetto Strategico e Organizzativo di una Startup può portare al fallimento.
Come visto nel precedente articolo “Il Segreto per Creare una Startup di Successo”, la lezione più importante che si può imparare dai fallimenti di altre startup è la necessità di una gestione basata sul Metodo Scientifico con la finalità di validare le intuizioni su cui si basano i nuovi business verificandone l’adottabilità da parte di un mercato e la sostenibilità.
Per fare ciò sono necessari tre momenti che sono tipici del ciclo di vita di ogni Startup/Innovazione di successo

  1. Creare delle rappresentazioni dei Potenziali Clienti e Ipotizzare delle Soluzioni ai loro Problemi
  2. Creare un Business Plan e Testarne le Ipotesi
  3. Crescere attraverso l’Acquisizione di nuovi Clienti e strutturare l’azienda.

La corretta gestione di questi momenti permette di minimizzare lo spreco dei fondi a disposizione, massimizzando le chance di avere successo, come dimostrato dai casi discussi nel corso dell’articolo.
Come osservato nel caso iPod, chi è in grado di confrontarsi con i Potenziali Clienti e capirne i bisogni, massimizza le possibilità che le proprie intuizioni abbiano successo. Durante la fase di Ricerca del Problem/Solution Fit, non saranno necessari Processi, Organizzazioni, e Sistemi strutturati. Saranno, invece, fondamentali le competenze del team di lavoro che dovrà essere in grado di elaborare i profili dei Potenziali Clienti e le Soluzioni Tecniche ai loro problemi.
L’esempio di Facebook dimostra che chi utilizza un MVP per testare le sue intuizioni può ottenere esiti molto positivi, dando il via libera all’esecuzione di Business Plan efficaci. Nel caso di Instagram, anche gli esiti negativi ottenuti dai test si rivelano strumenti preziosi, in quanto permettono alla Startup di fermarsi prima di sprecare fondi. Oltre a ciò, le informazioni su cosa ha funzionato e cosa no, danno la possibilità di cambiare strategia prima che sia troppo tardi. Durante la fase di Ricerca del Product/Market Fit, la Startup comincerà a strutturarsi maggiormente con il fine di minimizzare il tempo necessario per creare un Minimum Viable Product, rilasciarlo per gli Early Adopters, raccogliere i loro feedback ed elaborarli in modo efficace. Dal punto di vista strategico, l’obiettivo sarà quello di permettere alla Startup di riconoscere velocemente se le Ipotesi su cui si basa il business plan sono corrette o meno e, se necessario, di cambiare rotta velocemente.
Guardando a DuckDuckGo, è chiaro come chi utilizzi le tecniche di Growth Hacking per scovare i Canali di Comunicazione a redditività maggiore può raggiungere una visibilità e un parco clienti che normalmente si ottengono solo investendo somme rilevanti in campagne di Marketing. Per questo, durante la fase di Ricerca del Channel/Product Fit, per effetto della crescita del Fatturato e in seguito all’allargamento del bacino di clienti ottenuto con le tecniche del Growth Hacking, la Startup si strutturerà sempre più verso una forma organizzativa più classica con delle funzioni dedicate allo svolgimento e all’ottimizzazione delle attività day by day. Allo stesso tempo, manterrà la struttura utilizzata durante la fase di Ricerca del Product/Market Fit con il fine di gestire le innovazioni radicali che continuerà a produrre.

Autore: Nicola Zaffonato, Alumnus Master CUOA, Store Planning Manager presso Luxottica e Fondatore di bizshakalaka.com