Imprenditorialità e Governance

Jobs Act e il riordino delle tipologie contrattuali: via libera al “demansionamento” per esigenze aziendali ed eliminazione del lavoro a progetto (ma non della co.co.co.)

A cura di Simone Baghin*

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è in vigore dal 25 giugno 2015 il D. Lgs. 81/2015, in attuazione della Legge Delega 183/2014 (più nota come Jobs Act), che va a riordinare le tipologie contrattuali e a modificare la disciplina delle mansioni.
Si tratta del decreto (o meglio di un Testo Unico) che disciplina in modo organico tutte le tipologie contrattuali, applicabili al rapporto di lavoro: 57 articoli su part time, lavoro intermittente, termine e somministrazione, apprendistato, lavoro accessorio, collaborazioni coordinate e continuative e modifica delle mansioni.

I principi su cui si basa il nuovo testo unico sono essenzialmente due: contratto a tempo indeterminato come forma comune di lavoro subordinato e tutte le altre tipologie contrattuali diventano una sorta di eccezione e, come tale, devono essere riferite a specifiche caratteristiche soggettive e oggettive.

Spariscono le collaborazioni a progetto, che molto contenzioso negli anni hanno creato per un uso distorto/abuso da parte delle aziende (anche se rimangono in vita le vecchie co.co.co.) e viene prevista la possibilità di adibire il lavoratore a mansioni inferiori in specifiche ipotesi di legge o di contratto.

Il contratto individuale di lavoro diventerà pertanto “sartoriale”; 7 macro tipologie contrattuali che risponderanno a quelle che sono e dovranno essere le specifiche esigenze aziendali:

  • stabilità nel tempo: lavoro a tempo indeterminato
  • minore orario rispetto al full time: part time
  • temporaneità: lavoro a termine, somministrazione e lavoro intermittente
  • formazione e apprendimento: apprendistato
  • autonomia della prestazione: lavoro autonomo e collaborazione coordinata e continuativa.

Le novità sono molte e impattano in maniera significativa sulla gestione del personale in azienda: esaminiamo qui di seguito, gli aspetti principali.

Lavoro part time
Vengono definiti i limiti e le modalità con cui, più in assenza di previsioni nel contratto collettivo, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare, seppur in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate, e le parti possono pattuire clausole elastiche (le clausole che consentono lo spostamento della collocazione dell’orario di lavoro) o flessibili (le clausole che consentono la variazione in aumento dell’orario di lavoro nel part- time verticale o misto), con diritto del lavoratore ad una maggiorazione onnicomprensiva della retribuzione pari al 15%  per cento per le ore di cui è variata la collocazione o prestate in aumento.

Viene, inoltre, previsto il diritto per il lavoratore al part time, nel caso di richiesta dovuta alla necessità di cura connesse a malattie gravi e la priorità alla riduzione dell’orario di lavoro in alternativa alla fruizione del congedo parentale.

 

Contratto di somministrazione
Le novità principali riguardano la somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing): vengono previste una estensione del campo di applicazione, l’eliminazione delle causali che lo giustificavano e viene previsto un limite massimo di utilizzo pari al 20% del totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi fa ricorso.

 

Lavoro accessorio (voucher)
Per questa forma sostanzialmente “ibrida” di rapporto di lavoro, nel senso che non si configura né come rapporto dipendente né come autonomo, viene innalzato il tetto dell’importo di esenzione fiscale per il lavoratore (fino a 7.000 euro); al fine di evitare un uso improprio e distorto (si tratta di un contratto che trova il suo unico limite nel compenso e che può essere utilizzato per qualsiasi attività lavorativa) viene previsto un sistema per la tracciabilità dei voucher che saranno acquistabili e attivabili solo con modalità on line.

 

Apprendistato
Al fine di favorire il rilancio di questa tipologia contrattuale (poco utilizzata generalmente dall’imprenditore per gli alti costi diretti e indiretti connessi agli obblighi formativi), viene rivista la disciplina dell’apprendistato per la qualifica e per il diploma (che diventa apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore)  e quella dell’apprendistato di alta formazione e ricerca; con entrambe le tipologie si pongono le basi di un sistema cd. “duale”, in cui il conseguimento dei titoli di studio potrà avvenire, sulla falsa riga del sistema tedesco, anche attraverso la formazione pratica in azienda.

 

Collaborazioni coordinate e continuative e a progetto
Grandi novità nel variegato mondo delle collaborazioni: niente più obbligo di progetto, eliminazione della presunzione di subordinazione, eliminazione del compenso fissato dalla Legge.
Sparisce tout court tutto il lavoro a progetto.
A decorrere dal 25 giugno 2015 viene abrogata (ad eccezione dei soli contratti in essere e fino alla loro scadenza) tutta la normativa che ha regolamentato tale forma di collaborazione.
Resta però (o forse, meglio, si torna al passato) la collaborazione coordinata e continuativa che, con nuovi e precisi limiti e per attività specifiche, può essere ancora utilizzata.

La Legge prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2016, ai rapporti di collaborazione (salvo le attività di seguito indicate) che si concretino in una prestazione di lavoro esclusivamente personale (resa cioè senza una organizzazione di impresa), continuativa e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente, anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
Le presunzioni di lavoro subordinato, non si applicano alle ipotesi di:

a) collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore
b) collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali
c) attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni
d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I.

È importante precisare che l’inapplicabilità degli indicatori di subordinazione non significa che la collaborazione potrà essere utilizzata senza limiti. Resta fermo per le collaborazioni esentate dagli indicatori, il criterio giurisprudenziale tipico di riconoscimento della subordinazione, ovvero la riqualificazione a subordinazione ogni volta che, in concreto, il collaboratore è assoggettato al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del committente.

Una menzione merita la cd “collaborazione certificata”; committente e collaboratore (vero) possono certificare la genuinità della collaborazione e l’inesistenza dei requisiti di presunzione di subordinazione.

In tale sede, il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.

Infine la stabilizzazione.

Al fine di promuovere la stabilizzazione (o sarebbe forse il caso di definirla sanatoria?) di lavoratori con i quali si sono intrattenuti rapporti di collaborazione (anche a progetto) o rapporti autonomi con partita IVA, è data la possibilità ai datori di lavoro, dal 1°gennaio 2016, di assumere con contratto di lavoro a tempo indeterminato tali soggetti; l’assunzione comporta l’estinzione degli eventuali illeciti (in materia di versamenti contributivi, assicurativi e fiscali connessi alla eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso), con esclusione delle sole violazioni accertate prima dell’assunzione.
La stabilizzazione opera però a condizione che i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano un verbale di conciliazione con rinuncia a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro e che i datori di lavoro nei 12 mesi successivi alle assunzioni, non recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.

Sottolineo che l’eventuale stabilizzazione dal 1° gennaio 2016 non darà però diritto all’esonero contributivo previsto dalla Legge di stabilità 2015 (sgravio contributivo di 8060 euro annui per 3 anni): l’agevolazione contributiva spetta infatti eventualmente per tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato (anche di ex collaboratori – lavoratori autonomi) effettuate nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2015.

 

La modifica delle mansioni
Di forte impatto è anche la modifica dell’art. 2103 codice civile, quello che prevedeva nel testo originario l’obbligo di adibire il lavoratore alle mansioni per cui era stato assunto o a mansioni equivalenti.
Concetto di mansioni equivalenti identificato fino ad oggi come professionalità del lavoratore acquisita e che molta rigidità negli spostamenti e nell’organizzazione ha comportato alle aziende.
Il vecchio testo impediva di fatto ogni “arretramento” nella carriera di un lavoratore presso la stessa azienda; semplificando al massimo, se un quadro diventava area manager, doveva mantenere tale posizione fino alla cessazione del rapporto di lavoro o alla pensione.

La nuova regola generale prevede che il lavoratore possa essere assegnato a qualunque mansione del livello di inquadramento (così com’è previsto nel lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione), purché rientranti nella medesima categoria (dirigenti, quadri, impiegati e operai): l’equivalenza della mansione passa dal vecchio e superato concetto di stessa professionalità al nuovo di livello di inquadramento e categoria.
Con questa modifica il datore di lavoro potrà pertanto sostituire l’area manager assegnandogli un ruolo anche inferiore rispetto alla professionalità acquisita, ma che sia compatibile con l’inquadramento di quadro.

Alcune osservazioni si rendono necessarie.
L’impossibilità di demansionare il lavoratore c’era e rimane (salvo alcune ipotesi specifiche che si vedranno di seguito). Lo spostamento in orizzontale del lavoratore (assegnazione a stesse mansioni) avverrà con riferimento al livello: in quest’ottica assumerà ruolo strategico la declaratoria del contratto collettivo (che disciplina mansioni e livelli) ma, e soprattutto, il corretto inquadramento del lavoratore al momento dell’assunzione.

La regola generale dell’impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni inferiori subisce però 2 eccezioni. Viene infatti consentita l’assegnazione a mansioni inferiori (ovvero rientranti in un livello inferiore) in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, nonché per ulteriori ipotesi previste dai contratti collettivi nazionali.
Al verificarsi di tali ipotesi, il mutamento di mansioni deve essere comunicato per iscritto (a pena di nullità), e il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per quegli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa (es. indennità).
Anche in quest’ottica ruolo fondamentale assumerà la lettera di assunzione e la corretta definizione e costruzione della retribuzione.

Un ultimo aspetto riguarda il caso del cd. “demansionamento anche retributivo assistito” ovvero la riduzione non solo del livello ma anche della retribuzione.

Il decreto introduce la possibilità per le parti, nelle sedi di conciliazione (giudiziale, sindacale ovvero di fronte alle commissioni di certificazioni) di stipulare accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, o per l’acquisizione di una diversa professionalità o per il miglioramento delle condizioni di vita.
Solo in tali sedi, datore di lavoro e lavoratore potranno concordare non solo la modifica delle mansioni, ma anche e soprattutto la retribuzione spettante che potrà essere pertanto inferiore rispetto a quella entrata nel patrimonio del lavoratore stesso.

A differenza del decreto che ha introdotto il contratto a tutele crescenti (che si applica ai soli lavoratori assunti/trasformati dopo il 7 marzo) le modifiche alle tipologie contrattuali e delle mansioni sono già operative e si applicano indistintamente a nuovi e vecchi assunti.
Tutte le novità e i nuovi aspetti operativi introdotti saranno approfonditi e analizzati nel dettaglio all’interno del MBA Imprenditori.

 *Consulente del lavoro, docente CUOA, Faculty MBA Imprenditori