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Karakuri Kaizen

In un periodo di crisi, in cui anche il risparmio di un solo centesimo è importante, arriva dal Giappone qualcosa di nuovo, anzi di antico, per migliorare i processi di produzione.

a cura di Rosario Manisera *

1. Karakuri da quattro secoli

Siamo nel Giappone di inizio XVII secolo. Dopo centinaia d’anni di guerre intestine, in cui i signori feudali si erano combattuti l’un l’altro con ferocia, prevale su tutti la famiglia Tokugawa, che assicura al Paese più di due secoli e mezzo di pace ininterrotta. Da questo momento l’arte della guerra deve cedere il posto a nuove attività e la tecnologia, prima impegnata a realizzare strumenti di morte, si volge invece allo sviluppo di sistemi sempre più sofisticati, che rendono la vita più comoda e divertente. Cominciano così ad essere costruite bambole in grado di servire il tè, marionette che divertono il pubblico, burattini che riescono a muoversi e gesticolare da soli: sono i cosiddetti karakuri ningyō[1], i progenitori degli attuali robot umanoidi nel cui settore il Giappone è leader (Fig. 1).

Fig. 1 - Esempio di Karakuri_Ningyo dell'Epoca Edo

Arriviamo agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso. Il Giappone si trova a dover affrontare una crisi gravissima, che si trascinerà per oltre quindici anni: dopo lo scoppio della bolla finanziaria (la cosiddetta bubble economy) sono migliaia e migliaia le imprese che vanno in malora. Si fa strada allora, soprattutto nelle aziende del Gruppo Toyota, un movimento che cerca di organizzare in modo organico le attività di miglioramento delle operazioni e dei processi di produzione, rifacendosi alle idee e agli espedienti (kufū 工夫) sperimentati inizialmente proprio nell’epoca Tokugawa. Non ci sono soldi a disposizione e, quindi, i miglioramenti devono essere realizzati senza dover spendere niente; devono essere gratuiti o quasi. Leve, camme, manovelle, molle, ingranaggi, dispositivi di collegamento, ruote di Ginevra, meccanismi e congegni costruiti a mano: tutto ciò che è a portata di mano e per cui non c’è bisogno di denaro diventa strumento efficace di miglioramento. Nascono i karakuri kaizen, miglioramenti basati su meccanismi semplici, strumenti di automazione a basso costo (LCA = Low Cost Automation).

Sulla base dei principi e delle proprietà proprie di varie discipline (meccanica, idromeccanica, magnetismo, elettricità, acustica, ottica) si sviluppano semplici sistemi, che aumentano la produttività e migliorano l’ergonomia del posto di lavoro, riducendo le famigerate 3M tipiche dei reparti produttivi: muda (sprechi), muri (operazioni e lavori disagevoli e faticosi), mura (carichi di lavoro non bilanciati e incostanti). Con un solo movimento si riesce a provocare molti altri movimenti per cui è possibile lavorare in modo confortevole, senza particolari sforzi e, proprio perché i sistemi non sono complicati, eventuali problemi vengono risolti con molta facilità. (La figura 2 offre un esempio di un karakuri kaizen molto semplice).

Fig. 2 - Esempio di Karakuri Kaizen

2. I risultati ottenuti dai Karakuri Kaizen

Non sono solo la produttività e l’ergonomia a beneficiare dei karakuri kaizen: grazie ad essi migliora la qualità, diminuisce il numero dei guasti, sono meno frequenti le micro-fermate, aumenta la sicurezza, si riducono i tempi di attrezzaggio e di regolazione o aggiustaggio, come pure quelli per il cambio utensili; l’alimentazione, la movimentazione e il trasporto di componenti e materiali diventano più efficienti; c’è meno rumore in fabbrica, si risparmiano risorse ed energia e, soprattutto, gli operatori lavorano con maggiore comfort, maggiore velocità, maggiore soddisfazione.

Specialmente gli operatori diventano i protagonisti dell’attività dei karakuri kaizen. Consapevoli dei problemi che devono affrontare giornalmente, si attivano con il supporto di colleghi e tecnici per risolverli, eliminando pesi, sporco, rumori, difficoltà e complessità inutili. Si crea uno spirito di squadra sempre più forte e tutti sono stimolati a realizzare idee e soluzioni innovative, anche per potenziare e migliorare le proprie capacità operative. Le stesse aziende sono indotte a favorire la moltiplicazione dei karakuri kaizen, sia perché non richiedono particolari investimenti, sia perché stimolano i dipendenti a usare il loro ingegno – che, secondo Taiichi Ōno padre del Toyota Production System, non conosce limiti e non ha confini  – per rendere più confortevole il loro lavoro.

La realizzazione in concreto delle idee di miglioramento e la loro visione favorisce la generazione di nuove idee. Sulla base di questa convinzione, dal 1994 il Japan Institute of Plant Maintenance (JIPM) organizza annualmente una fiera in cui vengono esposti centinaia di karakuri kaizen, sempre più originali ed efficaci. L’esposizione annuale giapponese, prima a Nagoya e da qualche anno nella zona di Tokyo, ha contribuito a diffondere la cultura e l’utilizzo dei karakuri kaizen come strumenti efficaci per migliorare le operazioni, i processi e anche un’intera linea di produzione. Quest’anno, per la prima volta, siamo riusciti a partecipare a questa manifestazione con un buon numero di aziende italiane (Fig. 3 e 4): ci auguriamo che diventi il nucleo propulsore per la diffusione anche nel nostro Paese della cultura e della prassi dei karakuri kaizen, un tesoro “a buon mercato”, finora gelosamente tenuto nascosto dall’industria del Giappone.

Fig. 3 - L'autore dell'articolo all'ingresso della fiera dei Karakuri Kaizen 2014 Fig. 4 - Fiera dei Karakuri Kaizen 2014 - Gli operai delle varie aziende mostrano orgogliosi quanto loro stessi hanno realizzato



* Studioso del mondo giapponese, Amministratore Unico presso Maema e Presidente Associazione Culturale Fuji.

[1] Karakuri ningyō からくり人形, cioè bambole o pupazzi che agiscono grazie a un congegno tecnico, dove il termine “karakuri” sta a significare meccanismo, dispositivo, congegno, trucco, intrigo.

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