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Analisi Processi e modelli di governo del rischio di credito in banca alla luce della nuova normativa sui crediti deteriorati

di Corrado Bei*

Come ben noto, il 21 gennaio 2015 Banca d’Italia ha pubblicato il  7° aggiornamento della circolare n. 272 del 30 luglio 2008 con il quale sono state modificate le definizioni di attività finanziarie deteriorate allo scopo di allinearle alle nuove nozioni di Non-Performing Exposure e Forbearance a seguito dell’introduzione dell’EBA nel mese di ottobre 2013 dell’Implementing Technical Standards su nozioni armonizzate di non-performing e forbearance a fini segnaletici (reporting) (ITS) e approvate dalla Commissione Europea il 9 gennaio 2015 mediante il Regolamento di esecuzione 2015/227, pubblicato poi in Gazzetta Ufficiale UE il 20 febbraio 2015.

La nuova disciplina segnaletica delle attività deteriorate si pone come un cambiamento culturale nel modo in cui dovrà essere valutato e gestito il credito in banca e si pone come una ulteriore sfida per le banche, soprattutto medio/piccole, che solo da poco tempo avevano iniziato a metabolizzare (anche per il processo del credito) i cambiamenti introdotti dal 15-esimo aggiornamento della Circolare 263 in merito al sistema dei controlli interni. Nonostante tutto ciò, sarà comunque opportuno leggere questa novità come una opportunità più che come una minaccia gestionale, in quanto fa riferimento, come vedremo, a considerazioni di best practice che dovrebbero in ogni caso prescindere dal fatto che vengano dettate da una normativa, quanto piuttosto, a volte, dal buon senso.

Senza addentrarci nelle nuove definizioni di credito deteriorato e nella nuova ‘etichetta’ di forborne trasversale agli status segnaletici, è importante analizzare quelle che possano essere gli impatti sul processo del credito, in termini di governance, ma anche sulle relazioni interne e con la stessa clientela, ricordando comunque brevemente che le principali novità sono le seguenti:
– la ripartizione delle attività deteriorate nelle categorie di sofferenze, inadempienze probabili ed esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate –
– l’abrogazione delle nozioni di esposizioni incagliate e di esposizioni ristrutturate
– l’introduzione della categoria delle esposizioni oggetto di concessioni.

Leggendo la nuova definizione di inadempienze probabili (unlikely to pay) si individua già una novità sostanziale rispetto a quanto previsto in precedenza, ad esempio, per gli incagli. Infatti, il monitoraggio del credito in banca, specialmente quello deteriorato, è stato troppo spesso figlio di una logica ex post, piuttosto che ex ante, ma che in realtà rispecchiava quello che era anche il processo di valutazione del merito creditizio che frequentemente si è basato quasi esclusivamente su dati storici sia per le persone fisiche che per  quelle giuridiche. Nonostante i diversi regolamenti del credito spesso prevedessero l’acquisizione di documentazione prospettica (ad esempio il business plan), specialmente per la clientela retail o per le PMI, è stato quasi sempre impossibile reperire questa documentazione. Con il risultato che, utilizzando un po’ forzatamente una metafora, era come guidare guardando nello specchietto retrovisore. La definizione degli incagli oggettivi era un po’ figlia di questa logica (ed in parte lo è tuttora quella delle past due). Ma cosa cambia oggi? Leggendo la definizione dello status di inadempienza probabile, ma anche la necessità della valutazione dello status di difficoltà finanziaria ai fini della possibile forbearance a seguito di concessioni, emerge un forte elemento di valutazione soggettiva da parte dell’Istituto, ma anche la necessità di recuperare una valutazione che abbia natura prospettica. Infatti, ad esempio, si ricorda che la definizione di inadempienza probabile prevede che la valutazione dell’intermediario ‘va operata indipendentemente dalla presenza di eventuali importi (o rate) scaduti e non pagati’. Così come un credito è da intendersi forborne in conseguenza all’adozione di concessioni (“misure di forbearance”) nei confronti di un debitore che affronta – o è in procinto di affrontare – difficoltà nel rispetto dei propri impegni di pagamento. In primis, quindi, tutto il processo del credito, non solo il monitoraggio, dovrà essere sempre più incentrato su una valutazione prospettica nel continuo con la necessità di individuare quegli alert o triggers che possano far scattare una valutazione di merito. Tutto ciò richiede una sforzo non solo di tipo organizzativo, ma anche culturale, anche con la clientela che dovrà essere sempre più consapevole della necessità che sarà valutata e monitorata per quello che vuol fare o per quello che può succedere in termini valutativi a seguito di una decisione o azione da parte sua o di stakeholders connessi. Infatti, non è da dimenticare che per quanto riguarda il profilo soggettivo di valutazione, nel caso di appartenenza a un gruppo è richiesta anche una valutazione su eventuali «effetti di contagio» tra entità del medesimo gruppo. Pertanto, sarà necessario anche monitorare (e valutare) tutti quei soggetti che giuridicamente o di fatto sono connessi con il debitore ed è da tenere in considerazione che la definizione di tale perimetro di analisi va anche al di là di quanto previsto dalla Circolare 285 in merito al censimento di gruppo ai fini della quantificazione e monitoraggio del rischio di concentrazione. Infatti, nel caso dei crediti deteriorati si dovrà far riferimento non solo ‘a clienti connessi’, ma a tutti i soggetti connessi, indipendentemente che siano clienti o no (si pensi, ad esempio, ad un lavoratore dipendente con un mutuo in ammortamento, mono reddito, in regolare ammortamento, ma l’azienda per cui lavora, non cliente, presenta un concordato in bianco o fallisce; oppure ad una linea di  anticipo fatture di un cliente fornitore quasi esclusivo di un terzo soggetto non cliente che entra in difficoltà finanziaria).

Pertanto, i primi problemi sono quelli relativi all’oggettivare quanto più possibile  quegli elementi intrinsechi di valutazione soggettiva, in modo da disciplinare un processo che per quanto più possibile dovrà guidare la valutazione da parte degli organi competenti, fino ad arrivare ad una sorta di valutazione automatica per i casi minori da un punto di vista dimensionale. Ovviamente, rimarranno degli snodi ‘judgmental’ durante il processo, che però dovranno essere normati il più possibile, migliorando i flussi informativi, la reportistica (che dovrà essere il più uniforme possibile), fornendo dei criteri di valutazione che siano stabili nel tempo. Tale fase potrebbe dar luogo anche ad arbitraggi, da evitare in un’ottica strategica. Infatti, l’autonomia lasciata all’Istituto nel rilevare una condizione di difficoltà finanziarie dell’obbligato accresce la responsabilità delle banche e induce varietà nei criteri di valutazione adottati dai diversi istituti e si può dimostrare abbastanza facilmente come un repentino inasprimento dei criteri porta ad una sovrastima delle perdite attese nel breve termine, mentre un repentino allentamento nei giudizi porterebbe ad effetti diametralmente opposti. Da questo punto di vista, grazie anche al supporto delle unità di secondo livello, sarebbe necessario stabilire una linea d’azione ed individuare dei criteri di valutazione che tengano conto degli obiettivi strategici dell’Istituto, della tipologia della clientela e degli obiettivi reddituali, mediante delle opportune analisi di impatto. A tal fine, è opportuno realizzare in questa fase di transizione una sorta di risk assessment sul processo da parte delle unità di secondo livello, con la partecipazione fattiva di rappresentanti delle funzioni coinvolte nel processo del credito (ad esempio il legale, il contenzioso e l’area valutazione crediti) in modo da individuare quei gap di processo relativi a:
– l’arricchimento degli archivi automatici con una serie di dati e notizie che spesso erano oggetto di valutazione soggettiva o di gestione cartacea
– la definizione di triggers per il passaggio di classe e di profili autorizzativi delle deroghe
– la definizione di alerts e il potenziamento della fasi di analisi del rischio disseminate in vari punti del processo del credito (gestione, monitoraggio e pre-contenzioso).

In merito poi alla gestione dei forborne, sono diversi i nuovi presidi da porre in essere al fine di garantirne la corretta gestone. In primis, dovrà essere implementato correttamente il ‘motore’ di individuazione dei forborne che si fonda sulle due gambe concessione/status di difficoltà finanziaria, ma soprattutto, in merito alle fase gestionali del credito, sarà necessario:
– costruire check list che permettano alla rete di intercettare e gestire le possibili concessioni
– ridefinire una scala di decisione e delibera che si fondi su nuovi meccanismi rispetto all’iter standard (ad esempio innalzando ad organo superiore)
– introduzione di criteri di valutazione prospettica a seguito di concessione che siano adeguati ed uniformi. infatti,  il riconoscimento delle concessioni dovrà essere indirizzato a sanare le difficoltà del cliente in via definitiva evitando la concessione di misure molteplici e  prevenire lo stato di default. pertanto, le rinegoziazioni o i rifinanziamenti in caso di clienti in difficoltà finanziaria o già forborne dovranno essere figlie di una politica creditizia e valutativa che individui come valutare le reali prospettive del debitore al fine di evitare che le concessioni si rivelino inefficaci e/o inefficienti
– implementare il software necessario per gestire gli attributi di forborne, la permanenza (cure period, probation period, etc)
– adeguare le logiche di monitoraggio mediante anche la costruzione di griglie e controlli da parte dell’unità di risk management.

L’analisi poi delle condizioni di uscita, specialmente quelle relative al cure period per le posizioni forborne non performing e quelle del probation period che escono dal cure period, impongono un controllo continuo sugli scaduti, con la soglia dei 30 giorni di scaduto che assume rilevanza per tutte le linee di credito facenti capo al debitore (e non solo quella oggetto di forborne). Tutto ciò porterà gradualmente il sistema bancario a stringere fortemente sulle linee di credito a breve e sarà quanto mai necessario:
– valutare correttamente le richieste a breve da parte dei clienti, tenendo conto di quanto già accordato da altri istituti, del fabbisogno corrente prospettico e, soprattutto, tarando le linee a breve sul picco di utilizzo e non sull’utilizzo medio
– introdurre sistemi di sollecito a rientro che si attivino molto velocemente ai primi giorni di scaduto (anche per evitare che rimodulare una linea di credito a breve quando sta per diventare past due ricada nella fattispecie di presunzione assoluta di forborne)

Da questo punto di vista, ad oggi è molto difficile stimare l’impatto che questa normativa avrà sulle erogazioni e sulla gestione soprattutto delle linee di credito a breve ed autoliquidanti, ma è facile presumere che per quanto detto finora vi possa essere una ulteriore stretta sia per quanto riguarda la concessione, ma soprattutto per l’utilizzo e gli eventuali sconfini che necessariamente dovranno essere ridotti notevolmente o non essere più consentiti.

Ovviamente, non è poi da dimenticare l’implementazione di nuove ed adeguate politiche di impairment collettivo, così come il coinvolgimento fattivo ed opportunamente ‘sensibilizzato’ dell’organo con funzione di supervisione strategica.

Come visto, si tratta certamente di una rivoluzione culturale nel modo di valutare e gestire il credito in banca, che dovrà necessariamente essere letta come una opportunità più che come minaccia, ma che francamente richiede anche la collaborazione fattiva da parte di tutti gli stakeholders coinvolti, dalle imprese alla pubblica amministrazione, sia per quanto riguarda la visibilità delle prospettive che sulle certezze dei tempi di incasso e pagamento, altrimenti questa opportunità di allinearci con il modus operandi europeo si potrebbe trasformare in un ulteriore boomerang con conseguenze strategiche importanti soprattutto per gli Istituti di medio/piccola dimensione.

Consulente e formatore in ambito bancario. Docente CUOA Finance nell’area della finanza d’impresa e della gestione del credito

1 Commento

  • L’ analisi dei rischi e valutazione del portafoglio clienti è la stessa che ho adottato nella mia azienda (puramente commerciale). L’asset più importante per noi è il cliente, e il costante monitoraggio (con eventuali azioni correttive) dei dati finanziari ( bilanci e situaziobi infrannualii exposure and overdue, visite al clienti ci hanno consentito di diminure I rischi di insolvenza consentendoci di raggiungere con le nostre banche rating moto buoni, con conseguente riduzioni di costi finanziari.