Imprenditorialità e Governance ImpresealCUOA n. 39 del 12 febbraio 2018 La community MBA Imprenditori CUOA

La lettura, le persone e le performance delle imprese

ImpresealCUOA, 12 febbraio 2018

di Paolo Gubitta*

Quante volte, da bambini o adolescenti, ci siamo sentiti dire dagli adulti: «Leggi, perché leggere fa bene!». E quante volte, da adulti, abbiamo detto a bambini e adolescenti: «Leggete, perché leggere fa bene!». Sono esortazioni fondate sul nulla, o ci sono buone ragioni per ribadirle? Al di là del piacere estetico, leggere fa bene anche al lavoro? Sembra di sì, come ci dice Paolo Gubitta, Direttore scientifico Area Imprenditorialità di CUOA Business School.


Alcuni libri di Francesco Varanini hanno lasciato il segno nel mondo delle imprese. Ce ne sono due, Romanzi per i manager. La letteratura come risorsa strategica (2000) e Leggere per lavorare bene. Nuovi romanzi per i manager (2007) che hanno fatto discutere molto sia imprenditori che manager, perché contenevano una serie di buone ragioni per dimostrare che leggere fa rendere di più al lavoro.
In tempi più recenti, due psicologi hanno dimostrato che leggere fa bene per davvero e indicato quali sono le competenze che si sviluppano facendolo, mentre alcuni economisti d’impresa hanno studiato l’impatto di alcune di tali competenze sulle prestazioni professionali (e in particolare su quelle degli imprenditori) [1].
Nel 2013, su Science, viene pubblicato un articolo di David Comer Kidd e Emanuele Castano, dal titolo Reading Literary Fiction Improves Theory of Mind.
La ricerca dei due studiosi dimostra che leggendo buoni romanzi, siamo trascinati dentro le storie e siamo indotti a immedesimarci nei personaggi (literary texts engage their readers creatively as writers). Poco importa quale sia il contenuto della storia (the content of fiction cannot account for these results). Quello che conta è che la lettura di romanzi di qualità porta a migliorare in modo stabile (suggest that reading literary fiction may lead to stable improvements) alcune nostre capacità affettive, come la capacità di rilevare e comprendere le emozioni degli altri, e cognitive, come la capacità di dedurre e descrivere ciò che gli altri pensano o hanno intenzione di fare.
Un ottimo allenamento per il nostro cervello: d’ora in poi, quando ci ritroveremo assorti nel cercar di intuire come evolverà la storia che stiamo leggendo, o quando ci sentiremo anche noi lì accanto ai protagonisti della storia, avremo la conferma di avere tra le mani un buon romanzo. Chi tra voi ha letto «D’amore e ombra» di Isabel Allende, e si ricorda la strepitosa descrizione di Francisco Leal e Irene Beltrán quando finalmente ritrovano il corpo di Evangelina, sa bene cosa intendo. Chi non l’ha letto, mi creda lo stesso.
Fin qui tutto molto chiaro e interessante. Resta da capire perché imprenditori, manager e professionisti dovrebbero dedicare del tempo a questo tipo di allenamenti. Detto in altri termini: chi sviluppa queste abilità ci guadagna un po’ sul piano lavorativo? Leggere romanzi ci fa anche rendere di più sul lavoro?
Anche se in modo indiretto, a questa domanda hanno risposto Alessandra Tognazzo, Paolo Gubitta e Fabrizio Gerli, in un articolo dal titolo «Fostering performance through leaders’ behavioral competencies: An Italian multi-level mixed-method study», pubblicato nel 2017 sull’International Journal of Organizational Analysis.
È un lavoro che cerca di capire quali sono le competenze imprenditoriali che impattano di più sulle performance delle imprese. Lo studio ha coinvolto un centinaio di imprenditori che hanno frequentato MBA Imprenditori di CUOA Business School e che occupano la posizione di leader nella propria azienda.
Emergono due gruppi di competenze distintive, cioè che pesano di più sui risultati dell’impresa.
Il primo è prettamente tecnico e riguarda le competenze che rendono più efficaci i comportamenti attinenti al ruolo di capo-azienda (task-oriented behaviors): orientamento all’efficienza, affidabilità, capacità di attribuire i compiti e di chiarire obiettivi e priorità, capacità di allocare le risorse in funzione delle reali esigenze. Chi riesce a fare queste cose, deve allenarsi nelle business school, leggendo libri di gestione d’impresa.
Il secondo, invece, riguarda le competenze che stanno alla base dei comportamenti orientati alle relazioni (relationship-oriented behaviors) e qualificano gli imprenditori che sanno supportare i collaboratori, sanno riconoscere i contributi altrui, sanno delegare e responsabilizzare le persone, sanno assumere il ruolo di coach o di mentor. Potremmo dire che sono persone capaci di «entrare nei personaggi della storia», di interpretare le loro emozioni, di intuire i loro bisogni e di assumere ruoli diversi (capo gerarchico, collega alla pari, coach, mentor) a seconda del contesto. Sono esattamente quelle abilità che si possono allenare leggendo buoni romanzi.
E allora leggete, e soprattutto leggete tanti romanzi: saranno la palestra per potenziare il vostro cervello.

[1] Questa parte riprende un articolo pubblicato da Paolo Gubitta su Gli Stati Generali, dal titolo Cari imprenditori e manager: potenziate il vostro cervello con buoni romanzi.

*Direttore scientifico Area Imprenditorialità CUOA Business School

FOTO: “Helsinki in movement” ©massimogreggio