Imprenditorialità e Governance

Se dieci anni vi sembran pochi

Prolusione Graduation Day MBA Imprenditori 10ª edizione del 30 giugno 2017

di Paolo Gubitta*

Negli ultimi diciotto mesi a partire dal 13 novembre 2015, mentre voi e noi lavoravamo a MBA Imprenditori 10, sono successe molte cose intorno, in Italia e nel mondo.
Il 28 dicembre 2015, con l’approvazione della L. 208, ai commi 376-383 e allegati 4 – 5 veniva introdotta in Italia la nuova forma giuridica delle Società Benefit.
Il 23 giugno 2016, gli inglesi votavano la Brexit.
L’8 agosto 2016, abbiamo celebrato l’Earth Overshoot Day 2016, cioè abbiamo esaurito tutte le risorse naturali che il pianeta è in grado di rigenerare nell’anno. Se pensiamo che l’Earth Overshoot Day 1970 arrivò il 23 dicembre, non serve aggiungere altro.
Il 25 marzo 2017, abbiamo festeggiato i 60 anni dei Trattati di Roma, primo passo dell’attuale Unione Europea.
Il 6 giugno 2017, è stato ufficialmente annunciato che a partire da settembre ci sarà il primo treno merci diretto Cina-Italia-Cina, che si muoverà sui binari della nuova «Via della Seta»: partirà da Mortara (Pavia) e percorrerà i 10.800 km che separano il Polo Logistico Integrato del centro pavese dalla regione economico-produttiva dello Chengdu in 18-22 giorni (contro i 40-45 della nave).
Il 26 giugno 2017, le luci delle insegne di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca sono state spente.

E ancora.
Se ci mettessimo anche solo a sfogliare Nature, il ben noto settimanale internazionale dedicato alla scienza, o se sbirciaste Planck!, il molto meno noto ma non meno interessante trimestrale di divulgazione scientifica per i più piccoli, avremmo il quadro completo di cosa significa dire che «viviamo in un’era di tempo veloce».

Adesso facciamo un passo indietro. Vi chiedo di farlo per me, perché per me questa è la decima (e ultima) Cerimonia di Diploma MBA Imprenditori.
Il 5 luglio 2008, celebrammo il Graduation Day della prima edizione: 1 barile di petrolio costava 132,32 dollari e 1 euro valeva 1,5558 dollari.
Oggi 30 giugno 2017, nove anni dopo, 1 barile di petrolio costa 47,90 dollari e 1 euro vale 1,1239.

Avete capito?
In questo arco di tempo, come ben sapete perché lo avete vissuto in prima persona, è cambiato letteralmente il mondo.

Giordano Riello, Vice Presidente Giovani Imprenditori di Confindustria, ci darà una prospettiva istituzionale di quello che ci aspetta, d’ora in avanti.

Io, invece, voglio darvi la mia chiave di lettura su quello che è stato.
«Abbiamo perso il tempo», ma noi di MBA Imprenditori «non abbiamo perso tempo».

«Abbiamo perso il tempo», nel senso che si è drammaticamente ridotto il lasso temporale che intercorre tra un cambiamento e un altro. La conseguenza è che essere agili è più importante che essere flessibili. Noi di MBA Imprenditori, però, «non abbiamo perso tempo», perché per competere in questo scenario bisogna imparare rapidamente piuttosto che imparare tutto, ma questa operazione è possibile se e solo se si hanno delle solide basi di conoscenze: che è esattamente ciò che avete fatto in questo anno e mezzo.
Quando dico che «abbiamo perso il tempo» non intendo mettere fretta, ma dare ritmo, nel senso che dobbiamo abituarci a cambiare frequentemente ritmo nelle decisioni e nelle azioni.

Mi spiego meglio.
La capacità di adottare codici temporali differenti, a volte tra loro opposti, è la risorsa critica per garantirsi la competitività sostenibile nell’economia contemporanea.
L’idea che mi sono fatto studiando decine di casi, compresi i vostri, di crescita nonostante la crisi e di declino a causa della crisi è che, al netto di intuizioni geniali e di abbagli clamorosi, la differenza tra i primi e i secondi si possa ricondurre alla capacità dell’imprenditore e del team manageriale di rendere l’impresa in grado di adattare i tempi dei processi decisionali in funzione delle circostanze emergenti.

Da una parte, bisogna sapere comprimere i tempi per sincronizzarsi con il mercato: si tratta di una prassi già ampiamente metabolizzata dalle imprese più performanti, mentre le altre ne hanno pagato le conseguenze.

Chi lavora just in time riesce a sincronizzare la produzione con le vendite, liberandosi dei magazzini e limitando l’investimento in capitale circolante. Chi realizza prodotti modulari riesce ad ottenere varietà di soluzioni combinando e ricombinando moduli standard per soddisfare le molteplici esigenze dei clienti e riducendo il rischio di sbagliare la programmazione. Chi può sfruttare la stampa 3D invia file invece di spedire oggetti fisici, spostando la manifattura a ridosso del consumatore/utilizzatore e annullando i costi della logistica. Chi non può accedere a queste soluzioni ha imparato a usare i Big Data per riconoscere in tempo utile dove sta andando il mercato. Chi non ha le competenze per stare in presa diretta con il mercato ha trovato partner affidabili in grado di farlo (a monte, con alleanze tecnologiche; a valle, con alleanze commerciali e distributive; nella stessa posizione nella filiera, con aziende complementari).

Lo stesso codice temporale (quello dei tempi compressi) deve essere adottato dalle funzioni di vertice (imprenditori e manager).
Negli studi sull’imprenditorialità si sa da qualche decennio che senza ability to adjust, cioè la capacità di adeguarsi agli shock e di riallocare le proprie risorse alla circostanze che cambiano, senza alertness, cioè la capacità di cogliere prima degli altri le opportunità, e senza judgment, cioè il quid che permette di affrontare l’incertezza con piglio deciso, le imprese non vanno da nessuna parte e sono destinate al rapido declino. Le imprese in crescita nonostante la crisi hanno fatto propri questi principi mantenendo o promuovendo nei ruoli chiave le persone dotate di queste competenze e dotandosi di modelli di governance solidi e leggeri (meglio se collegiali e non individuali; meglio se integrate da figure esterne di standing e capaci di rompere gli schemi e di aiutare a rinnovare i business model, come ci dirà Diego Campagnolo nel suo contributo in questo documento).

Dall’altra parte, è necessario differenziare i tempi (comprimerli e dilatarli a seconda del momento) per sincronizzarsi e desincronizzarsi con il mercato, rendendo l’organizzazione resiliente, ovvero capace di seguire le geniali intuizioni e le rapide decisioni del vertice in linea con l’evoluzione dell’ambiente. Gli studi manageriali, tra gli altri con Re-organize for Resilience di Gulati, hanno chiarito cosa dovrebbe fare un’impresa per rimanere profittevole in un contesto in continuo cambiamento: coordinare in modo efficace le unità organizzative, supportare cooperazione e allineamento degli obiettivi, assegnare responsabilità e potere a coloro che nell’organizzazione sono maggiormente a contatto col cliente, sviluppare connessioni con partner strategici al di fuori dell’impresa. Servono tempi lunghi (dilatati) per creare processi di budgeting evoluti, strumenti di controllo di gestione efficaci e modelli di misurazione delle prestazioni flessibili, ma solo in questo modo si possono prendere decisioni in tempi rapidi (compressi). Lo sanno bene le imprese italiane del comparto agroalimentare, che nell’agosto del 2014, dall’oggi al domani, si sono viste bloccare da Vladimir Putin le importazioni dei loro prodotti in Russia a causa delle sanzioni che l’Unione Europea ha inflitto a fronte dell’intervento diretto di Mosca nella crisi ucraina. Chi non era resiliente ha subito un immediato tracollo; gli altri sono riusciti (a malapena) a limitare i danni e ripartire da altre parti.

A monte di tutto questo, però, esiste un altro aspetto che richiama l’importanza di saper adottare codici temporali differenti, a volte anche opposti tra loro. Si tratta della tendenziale irreversibilità delle scelte strategiche, cioè di quelle decisioni che segnano in modo significativo le traiettorie di sviluppo e la competitività sostenibile delle imprese e che si portano dietro elevati costi in caso di “ravvedimento operoso” per cambiar strada (l’ability to adjust non è propriamente a costo zero).

Anche ammesso che le scelte strategiche vengano prese nel tempo compresso di un lampo (alertness) e con poche informazioni (judgment), hanno bisogno del tempo dilatato di mesi o di anni per tradursi in risultati. Nell’economia interdipendente e schizofrenica come quella in cui viviamo, sempre più spesso il lag temporale (tra quando si decide e quando si implementano le decisioni) si accorcia drammaticamente e non solo per effetto delle innovazioni tecnologiche.

Un paio di esempi possono aiutare a capire i termini del problema. Il 15 settembre 2008, quando il fallimento di Lehman Brothers aprì formalmente la crisi, con 1 euro compravamo 1,4246 dollari e un barile di petrolio costava 95,71. Oggi, mentre con 1 euro prendiamo solo 1,1223 dollari, per un barile di petrolio bastano 47,90 dollari. Sono passati nove anni, ma sembra un altro secolo: che fine avranno fatto i piani strategici delle imprese costruiti anche sui valori di queste variabili?

A fine 2010, mentre si apriva la Primavera Araba (18 dicembre 2010) e si intuiva che la parabola discendente di Gheddafi sarebbe stata irreversibile (morì il 20 ottobre 2011), il Fondo Monetario Internazionale stimava una crescita tendenziale nel lungo periodo del prodotto interno lordo intorno al 5% per i Paesi del Sud del Mediterraneo (Algeria, Libia, Tunisia, Marocco, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Siria). Passano due anni e nel 2013 nasce l’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante), che nel 2014 si trasforma in IS (Stato Islamico) e stravolge tutto lo scenario in un battibaleno: che fine avranno fatto gli investimenti delle imprese che avevano puntato sulle stime di crescita da fonti autorevoli?

Negli studi di strategia, fin dai tempi di Ascesa e declino della pianificazione strategica di Mintzberg (correva il 1994) è noto che, in assenza di livelli minimi di stabilità, controllabilità e prevedibilità, i tentativi maldestri di pianificare diventano boomerang che ingessano le imprese e le portano al declino.

Ciò non significa che si debba abbandonare la pianificazione strategica: basta usarla con moderazione e integrarla con le pratiche manageriali e con la resilienza indicate sopra.
Le imprese che nel prossimo futuro si giocheranno le loro chances di crescita in un mondo veloce e schizofrenico si distingueranno per la capacità di gestire il lag temporale in modo efficace ed efficiente. Ci riusciranno quelle che si apriranno all’imprenditorialità collaborativa (tra imprenditori), collettiva (con tutta la squadra manageriale) e diffusa (in tutta l’organizzazione, con diversi gradi e con modalità appropriate).

Prima di chiudere, voglio ricordare un altro numero.

Con oggi superiamo quota 200: con voi, sale a 213 il numero di imprenditori con un MBA in tasca. È una bella notizia, perché ci dice che sta crescendo il numero di proprietari coinvolti nella direzione strategica delle imprese, dotati di un portafoglio di competenze e tecniche di gestione aggiornate e adeguate per affrontare le sfide competitive del presente.

Sono certo che tra le imprese che traineranno la ripresa che si comincia a intravvedere, ci saranno anche le vostre. Anzi, le nostre.

Buon tutto!

*Direttore scientifico MBA Imprenditori
Professore ordinario di Organizzazione aziendale e Family business all’Università degli Studi di Padova