ImpresealCUOA n. 46 – Special Issue del 26 luglio 2018 La community MBA Imprenditori CUOA

L’impatto sociale delle Società Benefit

ImpresealCUOA, 26 luglio 2018

di Paolo Gubitta e Chiara Tamburini

Quali sono le politiche che le imprese familiari adottano per aumentare il loro impatto sociale? A questa domanda risponde la ricerca Società Benefit e Family Business realizzata dal CEFab by CUOA tra il 21 novembre e il 18 dicembre 2017, con un questionario spedito a 205 imprese appartenenti alla community MBA Imprenditori di CUOA Business School. I dati si riferiscono a 64 questionari completi (31%). Tutte le imprese sono a proprietà familiare e i questionari sono stati compilati direttamente dagli imprenditori coinvolti nei processi strategici.


«La comunità impresa» potrebbe essere il motto che caratterizza tutte le Società Benefit, perchè le imprese che adottano questa forma giuridica si assumono il compito di condividere una parte del valore generato per perseguire una o più finalità di beneficio comune, operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone e comunità (oltre che di territori e ambiente) e promuovendo e sostenendo attività culturali e sociali.

Come si concretizza questo orientamento? Con quali azioni?
Prendendo spunto da un recente lavoro di Joyce e Pasquin, alle imprese coinvolte nella ricerca è stato chiesto di dare un ordine di priorità ad una serie di politiche che impattano su persone e comunità, quali:

  • Politiche di welfare per i propri collaboratori (sostegno per la scuola, per la salute…)
  • Iniziative di carattere culturale (scuola..)
  • Attività artistiche (musica, mostre, teatro…)
  • Restauro di opere d’arte o di edifici per la comunità
  • Attività per le fasce deboli locali (cucine popolari…)
  • Attività di beneficenza internazionali.

La Figura 1 riporta le priorità indicate dalle aziende che hanno partecipato alla survey. Le «Politiche di welfare» e le «Iniziative di carattere culturale» (con particolare riferimento alla scuola e al sistema dell’istruzione in generale) sono al vertice delle azioni.
Su questo fronte non c’è Società Benefit che tenga: l’ordine di priorità rimane sempre invariato indipendentemente dall’essere già Società Benefit, dal volerlo diventare o dall’aver sentito parlare per la prima volta di Società Benefit nel corso della survey.
Nemmeno la segmentazione per dimensione o per propensione all’esportazione cambiano la gerarchia delle azioni.

La costanza delle priorità vuol dire che essere Società Benefit non incide sull’impatto su persone e comunità?
No, non è così.
Il fatto che le priorità rimangano inalterate vuol dire che l’attenzione alle persone è nel DNA delle imprese familiari (evolute, s’intende), che praticano concretamente il principio del Putting People First, sia per le proprie maestranze (con azioni di welfare, oltre che con quelle di formazione) sia per il territorio.
La differenza è che le Società Benefit inseriscono queste azioni in un preciso piano strategico, si danno degli obiettivi, indicano le azioni per raggiungerli e misurano i risultati alla fine di ogni periodo.
Di seguito è riportato un estratto del Report di Impatto 2016 della Zordan, che non ha bisogno di ulteriori commenti per spiegare il lato gentile della managerializzazione delle pratiche di impatto sociale.


Il profilo delle imprese che hanno partecipato alla ricerca
Le aziende che hanno partecipato alla ricerca sono prevalentemente medie e piccole: 20 (su 64, pari al 31%) ha un fatturato fino a 5 milioni; 17 (27%) stanno tra 5 e 10 milioni di euro; 12 (19%) sono nel range 10-20 milioni; le rimanenti 15 (23%) hanno un fatturato superiore a 20 milioni di euro. In termini di proiezione sui mercati internazionali, il quadro è variegato: il 28% (18 casi) esporta oltre il 60% del proprio fatturato, il 14% (9 casi) del campione è tra il 40% e il 60%, il 33% (21 casi) esporta fino al 40% e il rimanente 25% (16 casi) vende solo sul mercato domestico, anche se spesso si tratta di realtà che partecipano indirettamente alle filiere globali del valore, perché sono fornitori di parti e compenti per aziende fortemente globalizzate. Il 42% (27 casi) opera nel settore metalmeccanico, il 13% (8 casi) della logistica e trasporti, l’8% (5 casi) nei servizi alle imprese, 7% (5 casi) nel sistema casa, 6% (4 casi) nell’Agrifood, 6% (4 casi) nell’impiantistica, 6% (4 casi) nel legno arredo, 5% (3 casi) nel tessile abbigliamento e il 7% sta in altro settori. Tutti i rispondenti appartengono alla compagine proprietaria e quindi siamo di fronte a tutte imprese familiari. In termini di ruolo occupato: 45 amministratori delegati (70%), 11 responsabili di unità di business o di divisione o di funzione (17%) e 6 manager intermedi (9%). Per il 28% (18 casi), l’occasione della ricerca è stata la prima volta in cui hanno sentito parlare di Società Benefit, il 59% (38 casi) del campione invece aveva già sentito parlare di Società Benefit, mentre nel 13% (8 casi) siamo di fronte ad aziende che sono già Società Benefit o che stanno valutando di provare a diventarlo.


La Special Issue di #ImpresealCUOA n. 46 include i seguenti contributi:

Più valore ai valori: Società Benefit e Imprese Familiari

  1. B-Corp e Società Benefit: analogie e differenze
  2. Le imprese familiari e l’orientamento (naturale?) al benefit
  3. Società Benefit e strategie di sostenibilità
  4. L’impatto sociale delle Società Benefit
  5. Società Benefit e la filosofia di un imprenditore ribelle
  6. Quante sono le Società Benefit in Italia?
  7. B-Corp, Quarto Settore e Organizzazioni Ibride
  8. Società Benefit & Family Business
  9. B-Corporation… e il modo di fare impresa non sarà più lo stesso